DIRITTI D'AUTORE

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mercoledì 27 febbraio 2008

L'ABILITA' DI UN GENIO

INTRODUZIONE
Premetto che non amo particolarmente i libri di racconti perché di respiro troppo breve e troppo limitati nella descrizione delle figure presenti, oltre che carenti dello spazio vitale che, invece, richiedono per essere meglio approfonditi e sviluppati, per questo autore ho chiuso un occhio e fatto un'eccezione, poiché sapevo che ne valeva la pena.

Ho comperato questo libro nel 2004, insieme a tutti gli altri di Yu Hua, da Internet Book Shop, in seguito alla lettura e alla visione del superlativo film, tratto dal primo e omonimo libro di questo autore intitolato Vivere!, e che ho già recensito.
Volli, fortissimamente volli - come volle Alfieri -, tutte le opere di questo sconosciuto scrittore perché era, quello, il periodo in cui stavo scoprendo un mondo letterario e cinematografico che noi, qui in Italia, dobbiamo solo sognarci (alludo a certi pseudo-scrittori attuali italiani e stranieri). Ma anche il grande regno cinematografico-narrativo americano, che vuole dominare il mondo non è escluso: certi scrittori come Su Tong (Mogli e Concubine, Cipria), Mo Yan (Sorgo Rosso), se li devono, anch'essi, solo sognare, per non parlare di scrittrici del calibro di Han Suyin (Fin che Verrà il Mattino, L’Amore è Una Cosa Meravigliosa, L’Incantatrice, La Montagna è Giovane), Bette Bao Lord (Luna di Primavera, Voci di Primavera, Il Cuore di Mezzo), Lilian Lee (Addio, Mia Concubina) e, aggiungiamo, ovviamente, l'americana naturalizzata cinese, Pearl S. Buck (Vento dell'Est, Vento dell'Ovest, La Buona Terra, Mandala, ecc.), tutte scrittrici, queste, delle quali, insieme a Yu Hua e Jung Chang, ho scritto delle recensioni sulle loro opere, e, in alcuni casi, anche parallele, all'omonimo cinematografico. Ed è anche della cinematografia cinese che lo splendore di Hollywood non farebbe male a tener conto, perché pellicole come "Vivere!", "Addio, mia concubina", "Lanterne rosse", "L'Imperatore e l'assassino", "Hero" ecc. compreso il più recente "La città proibita" (anche se non l'ho ancora visto, ma mi fido del regista), non hanno proprio niente da invidiare alle colleghe hollywoodiane, per completezza del cast, ricchezza e sontuosità scenica, per splendore della fotografia e dei costumi, e così via. Per questo, in ogni mia opinione cinese, mi ostinerò sempre a dire che questo paese così diverso, un tempo, dal nostro occidente, è una miniera inesauribile e inesplorata di intelligenti novità da cogliere, se non ci lasciamo sopraffare da stupidi pregiudizi razziali e da stereotipi inesistenti. Ognuno di questi scrittori ha veramente tanto da dire e sempre cose di un certo spessore. Sotto il pretesto di una struggente storia d'amore, ad es., potrete accorgervi, andando avanti con la lettura di un loro libro, che è tutta una copertura per denunciare una realtà molto aspra e crudele, vissuta spesso sulla propria pelle da essi stessi; o un malessere interiore, difficilmente spiegabile, che si lega alle difficoltà storiche del momento, ecc.
E a Maria Rita Masci, traduttrice di Yu Hua e Su Tong, spetta il merito di aver imposto all'attenzione del pubblico italiano, - a digiuno di questa promettente forma letteraria -, la letteratura cinese contemporanea, dagli anni 80 in poi. Non intendo, con questo riferirmi a scrittori più datati, ma proprio a coloro che scrivono ancora, cioè attualmente attivi, perché, come sottolinea Stefanutti nella rivista letteraria L'Indice, a Maria Rita Masci spetta il merito di queste scoperte perché
”dotata di acuta sensibilità e di viva attenzione nei confronti dei fenomeni più nuovi e interessanti di questa letteratura” ( S. Stefanutti, in L'Indice, n° 7, 1998).

Questo libretto che ho qui intenzione di recensire, è una breve raccolta di otto racconti piuttosto diversi tra loro. Lo lessi oltre un anno fa, ma non mi azzardai a scriverne la recensione perché, ripeto, Yu Hua è un autore troppo particolare per essere liquidato con quattro parole. Né ho ancora letto gli altri suoi libri già presenti in Italia, di cui vi riporterò l'elenco a fine opinione, poiché è una lettura che necessita di impegno e di attenzione e farla sull'autobus la mattina alle 7, quando sei ancora tutto intontito dal sonno e stai andando al lavoro, o stai tornando e ti addormenti perché ti alzi tutti i giorni alle 6, non è l'ideale. Pur essendo scorrevole e piacevole da leggere, la scrittura di Yu Hua non è consigliabile da leggere in momenti come quelli di cui sopra. Fatto sta, comunque, che la lettura di alcuni racconti, uno in particolare, non è proprio l'ideale per rilassarsi, almeno secondo il mio parere.

LE COSE DEL MONDO SONO FUMO
Questo libretto contiene, abbiamo già detto, otto racconti uno più singolare dell'altro.
Spazia dall'ambientazione di cappa e spada, tipica di molti film cinesi come alcuni tra quelli già citati prima, ad opera di registi tra i più in gamba nel panorama cinematografico cinese, oltre che più originali come Zhang Yimou (Vivere!) o Chen Kaige (Addio, mia concubina; alla narrazione, solo apparentemente più scontata, di una crisi di coppia.


In effetti, dal primo racconto, intitolato SANGUE E FIORI DI PRUNO, si potrebbe ricavare un gran bel film, che delizierebbe gli amanti di questo genere storico-fantastico, in cui sono presenti numerose scene di arti marziali alternate a pillole della più tradizionale e riconosciuta saggezza cinese.

Il secondo racconto, UN AMORE CLASSICO, è sempre di ambientazione storica e fantastica, ma non ha niente a che vedere con l'ambientazione di cappa e spada.
E' la storia di un giovane aspirante all'esame da mandarino presso la corte imperiale. Caduto in disgrazia, pur essendo figlio di un letterato, non riuscirà mai a superare il sospirato esame e a occupare una posizione di rilievo nella vita.
La trama del racconto però non sono le gioie e i dolori di Liu Sheng, il protagonista, bensì le peripezie che gli capitano durante il viaggio dal suo villaggio fino a Pechino, tutto svoltosi a piedi; l'incontro con l'amore della sua vita; ma anche molto altro. Non aggiungo più niente, perché è un racconto, questo, che riserva notevoli sorprese, ed è un po' forte e con particolari, a mio parere grotteschi, se non raccapriccianti. Forse non tutti gradiranno la lettura di una parte, ma è da leggere.
Il terzo racconto, quello che dà il nome alla raccolta, già dal titolo fa intendere che è tutto un programma.

LE COSE DEL MONDO SONO FUMO è quasi un romanzo breve di sei capitoli, con ulteriori sottocapitoli. E' il più lungo, ma anche il più strano, il più surreale e il più dominato dall'aspetto onirico della morte.
Vi riporto qui le prime righe del primo capitoletto, tanto per rendere l'idea della singolarità che lo caratterizza.
“Le prime lacrime di primavera cadevano fuori dalla finestra. 7 non si alzava dal letto da giorni: si era ammalato quando il figlio aveva compiuto cinque anni… “.
Che ne dite? Non è un inizio che prelude a tantissime altre cose?
Le prime gocce di pioggia primaverile sono definite lacrime che cadono quasi come l'antifona ad un tetro futuro, di cui si ha il sentore ma non la certezza.
Il nome del personaggio, poi! Vi siete mai trovati di fronte ad uno scrittore che invece di denominare i protagonisti delle proprie opere con normali nomi di persona, affibbia loro dei numeri? Questo è ciò che Yu Hua fa in questo racconto al limite della realtà, scritto nel quale è dispiegata gran parte della sua geniale originalità. Non vado oltre. Basterà qui far sapere che l'ambientazione è il microcosmo di un cortile, i cui abitanti si conoscono tutti e le cui vite, in un modo misterioso e insondabile, sono indissolubilmente intrecciate. A voi lettori sta scoprire il resto.

Il quarto racconto, LA LUCCIOLA, è la delicata testimonianza di amore sempiterno di una donna per il marito morto. Amore insegnato anche ai nipotini che le credono, fiduciosamente, e gioiscono di fronte ad un fenomeno che, agli occhi di un profano potrebbe passare per una banale visione allucinata, se non un'infantile ingenuità.
LA LUCCIOLA è un racconto molto toccante e, direi, quasi il canonico modo di vedere di certe persone che credono nell'aldilà; ma è, soprattutto, più attribuibile, per ciò che vi accade, ad un anziano cinese politeista più che buddista.
Sui restanti racconti non mi soffermerò, perché sono tutti un'ulteriore testimonianza della bravura ed originalità di Yu Hua, ne riporterò quindi solo i titoli:
5) IL GIORNO CHE FISCHIAVA IL VENTO DI NORDOVEST.
6) LA STORIA DI DUE PERSONE
7) A 18 ANNI SONO ANDATO VIA DI CASA
8) STORIA D'AMORE

CONSIDERAZIONI PERSONALI
L'abilità di questo scrittore sta, prima di tutto, nella poliedricità del suo modo di narrare: in un libretto di otto racconti, come questo, Yu Hua ha saputo inserire le ambientazioni più disparate e affrontare i temi più diversi, con un risultato sorprendente e invidiabile. E' per questo che consiglio, a chi ha sete di novità, non di narrativa scontata; a chi ha voglia di apprendere qualcosa di nuovo e originale, per non leggere le cose che sa già (e perché è più comodo restare fermo sulla stessa posizione), di leggere Yu Hua e fare attenzione anche ad altri scrittori cinesi, poiché, non mi stancherò mai di dirlo, sono degli artisti che hanno veramente qualcosa da dire e la dicono anche sotto forma di raccontini apparentemente spensierati e veloci da leggere, come alcuni contenuti in questo volumetto. Solo a lettura ultimata vi renderete conto che qualcosa dentro vi è rimasta, sì, ma, molte volte, è, necessario tornare su certi scritti. Non per la loro difficoltà di comprensione, ma per afferrare quel senso e quel significato reconditi, che possono sfuggire a primo acchito.
Per questi motivi non mi sento di consigliare proprio a tutti questo libro. VIVERE! sicuramente sì, è più esplicitamente afferrabile, ma LE COSE DEL MONDO SONO FUMO, no.
Non sono ancora in grado di illustrare le altre opere pubblicate in Italia da Yu Hua, dato che non le ho ancora lette, ma se casomai foste interessati allo scrittore più estremo della Cina d'oggi - come viene definito dalla critica -, sappiate che da IBS potrete acquistare tutte le sue opere in blocco. Sono tutti libretti piccoli e comodi da portare con sé e non hanno neanche un costo eccessivo. Tra l'altro, questo sito, spesso ha delle offerte vantaggiose, per cui perché non approfittarne?
Per quanto riguarda le notizie biografiche del medico-scrittore Yu Hua, vi rimando alla lettura dell'opinione su VIVERE!, suo primo romanzo, in cui ne parlo più in dettaglio.
Non mi risulta che da allora nella sua vita ci siano stati importanti cambiamenti. Pertanto, mi congedo, sperando di avere, almeno in parte, stuzzicato la vostra curiosità, lasciandovi, come promesso, l'elenco delle opere dello scrittore attualmente tradotte in italiano. Dopo di che sbizzarritevi nella lettura o anche nella ricerca in una normale biblioteca civica, di questi libri, così non ci sarà da spender nulla.
Buona lettura a tutti e buona scoperta del fantastico universo letterario (e cinematografico) cinese.

ALTRE OPERE DI YU HUA
1) VIVERE!, romanzo vincitore del prestigioso premio letterario Grinzane-Cavour, 1998, quale migliore autore straniero. Ed. Donzelli, € 11,36. Esiste anche un film tratto da questo libro dallo stesso titolo, con la regia di Zhang Yimou.

2) L'ECO DELLA PIOGGIA, ed. Donzelli, 1998, € 13,43.
3) CRONACHE DI UN VENDITORE DI SANGUE, 1998, Einaudi, € 6,20.
4) TORTURE, 1997, Einaudi, € 7.
5) LE COSE DEL MONDO SONO FUMO, 2004, Einaudi, € 11,50

martedì 19 febbraio 2008

IL VIAGGIO DI UN SECOLO

LUNA DI PRIMAVERA "UN ROMANZO DELLA CINA", recita il sottotitolo, è, naturalmente, un libro ambientato in Cina.
"Ci risiamo! Un'altra volta con la Cina! Sarà una fissa per questa qui!", mi sembra già di sentirvi dire. Ma ormai dovreste saperlo, non vi chiedo più scusa perché sapete già che sono letteralmente persa per la cultura cinese e per libri meravigliosi come quelli che ho già descritto. Lo stesso vale per questo romanzo del 1981, opera prima di una scrittrice, Bette Bao Lord, dal grande talento narrativo, dimostrato, in seguito, anche con altri libri come IL CUORE DI MEZZO, suo secondo romanzo, e con VOCI DI PRIMAVERA, una raccolta di memorie, unici altri suoi libri, da quello che mi risulta, pubblicati in Italia.
Il grande talento narrativo e l'impegno dimostrati da questa scrittrice, già alla prima fatica, sono pari a quelli di un'altra grande scrittrice cino-occidentale, di cui presto recensirò uno dei suoi più riusciti romanzi (forse tra i più impegnati politicamente). Alludo ad Han Suyin e al suo straordinario romanzo-denuncia FIN CHE VERRA' IL MATTINO.
Se però Han Suyin è più dura contro la politica, prima del Kuomintang di Chang Kai-Shek, e poi col Comunismo di Mao, Bette Bao Lord, nel suo libro risulta essere più pacatamente velata, più morbida e dai toni più smorzati.
Ma soffermiamoci su LUNA DI PRIMAVERA questa volta. Il tempo per commentare gli altri libri di questa autrice, così come per quelli di Han Suyin, lo troverò più in là, siatene certi, perché è, questo, un genere letterario che adoro (la Cina e la sua storia)!

LUNA DI PRIMAVERA è uno dei romanzi cinesi più recenti e, anche se risale già al 1981, può essere annoverato in quel filone di classici della denuncia politica cinese, colti ed eleganti, raffinati e delicati, come solo gli autori di questo affascinante e misterioso paese sanno essere.
La vicenda si snoda tra gli ultimi decenni dell'impero e l'inizio del disgelo della guerra fredda, cioè tra il 1892 e il 1973, quando alla presidenza degli Stati Uniti soprassedeva Henry Kissinger, il quale iniziò, primo statista del suo paese, ad avere contatti (timidissimi) con la Cina di Mao, post Rivoluzione Culturale (1966), grazie ad un viaggio segretissimo a Pechino. Ma questa è un'altra storia. E' ora che entri nel vivo di LUNA DI PRIMAVERA, perché oltre al periodo storico, c'è da descrivere anche il contenuto del libro, senza guastare il gusto della sorpresa contenuta nella trama e nel suo finale.
La vicenda ha il suo incipit a Sữchow, una ridente città del sud della Cina, quando Luna di Primavera, la protagonista appunto, è solo una bimbetta che, a 5 anni, capricciosa e intelligente, darà già modo agli adulti di capire che è una vera bomba ad orologeria ancora implosa, e solo assopita, la quale, avrebbe lasciato traccia di sé in tutti i frammenti scagliati dalla violenza se fosse esplosa.
Nata in una grande famiglia mandarina di letterati, il ceto nobile di allora, Luna di Primavera imparerà a leggere e scrivere, contrariamente a ciò che prevedeva la tradizione cinese per le bambine, grazie ad uno zio paterno reduce dagli studi in America (usanza molto di moda nella Cina di fine impero) e, suo malgrado, si sottoporrà alla disumana tradizione di fasciarsi i piedi, con l'intento di fermarne la crescita per farli restare per sempre piccoli e "graziosi" come due "gigli dorati"
A 16 anni sposerà un giovane letterato del nord (di Pechino), Felice Promessa, scelto appositamente dallo zio di cui sopra, reduce anch'egli come il parente della sposa, da studi in occidente. Il giovane è, a sua volta, figlio di un letterato di una grande e nobile famiglia, da sempre al servizio dell'imperatore, anche se sarebbe il caso di dire, dell'imperatrice vedova e madre dell'inetto sovrano dell'epoca, pesantemente manipolato dalla genitrice.
A due anni dal matrimonio, Luna di Primavera darà al marito una splendida figlia, Giada Lucente, che il padre, per una serie di circostanze, non conoscerà mai.
Siamo nel periodo xenofobo, caratterizzato dalla cruenta rivolta dei Boxer, che non tollerava, sul suolo cinese, né stranieri, né cinesi in contatto con l'occidente e i diavoli stranieri, considerati, per questo, dei traditori. Una rivolta, questa, che sarà soffocata in fiumi di sangue innocente versato da entrambe le fazioni.
Tornata a Sữchow, Luna di Primavera ritroverà negli ombreggiati cortili della sua splendida dimora, la Pagoda d'Inchiostro, la famiglia di un tempo, più la moglie dello zio anziano, divenuto ormai il Venerabile del Clan dei Chang; i due figli di lui, più un orfanello adottato, Venti d'Agosto, che avrà, nel romanzo, un ruolo, se non da protagonista, ma almeno fondamentale.
Gli anni passeranno e a Luna di Primavera capiterà di divenire di nuovo madre, questa volta di un maschio, che con la sua vita s'incrocerà in modo singolare e del tutto diverso dagli schemi convenzionali. Non rivelerò i particolari, poiché vi rovinerei, cari amici, il piacere di leggere questo bel libro. Mi limiterò solo a dire che essendo il romanzo ambientato lungo l'arco di quasi un secolo, le vicissitudini affrontate dalla protagonista, per prima, e di tutti gli altri, poi, risulteranno strettamente legate alle vicende politiche come la caduta dell'impero, la proclamazione della repubblica, da parte di Sun Yat-Sen, la fondazione del Kuomintang e del partito comunista.
Entrambi i figli di Luna di Primavera vivranno in prima persona e sulla propria pelle l'evolversi degli eventi e, se una diverrà un'attivista politica assieme al marito, l'altro sposerà una giornalista americana ed emigrerà, nel 1947, negli USA, proprio per salvarsi dalla furia impazzita della guerra civile.
Il destino, con i due fratelli, opererà in modo diverso e…Sta a voi, amici lettori, adesso scoprire che cosa ha riservato loro. Qui dirò soltanto che la protagonista, Luna di Primavera, sin dalla gioventù, saprà di essere destinata a vivere una vita molto lunga e che riuscirà a vedere, contemporaneamente, cinque generazioni della sua famiglia riunite sotto i suoi occhi, evento del futuro che aveva appreso, in gioventù, grazie ad una profezia rivelatale dalla nonna paterna, la quale profezia, arrivata a 90 anni suonati, non credeva più di poter realizzare, ma che grazie al figlio, all'improvviso, avrà la fortuna di vedere.
Che dire di più su questo bel romanzo? Niente, credo, perché, ripeto, se aggiungessi qualcosa, di sicuro rovinerei la sorpresa di quanti si sentono invogliati a leggerlo.

CONSIDERAZIONI PERSONALI

Le altre cose che ci sono da aggiungere riguardano l'ambientazione del libro, perfettamente calato nell'atmosfera del luogo e nell'epoca storica in cui è stato ambientato, anzi mi sembra più giusto scrivere, nelle "epoche" storiche, visto a quali numerosi e frequenti cambiamenti è stata soggetta la Cina nel giro di pochi decenni, nel secolo appena trascorso.
L'aspetto politico-storico, però, secondo il mio punto di vista, nonostante il romanzo percorra un lungo arco temporale, non è molto approfondito dall'autrice, e ciò lascia il lettore a bocca asciutta e, quindi, con la curiosità riguardante gli eventi storici, poco soddisfatta.
Sono trattati, è vero, tanti eventi, ma mai approfonditi a dovere; un esempio di questa pecca può essere rappresentato dall'episodio riguardante il ritorno del figlio di Luna di Primavera in Cina, nel 1973. C'è solo un vago accenno a ciò che riguarda una vicenda politica di portata internazionale così importante. Bette Bao Lord liquida con poche righe un evento che avrebbe bisogno di un po' più di spazio, senza troppo dilungarsi, per poter essere compreso dai lettori, soprattutto da colui che è a digiuno di storia cinese.
Anche i personaggi, tranne quello della protagonista nei primi decenni di vita, non sono molto approfonditi: vi si ritrova una marea di personaggi più o meno importanti, di cui non è tratteggiata a sufficienza la personalità, né tanto meno le vicende che hanno vissuto. La seconda metà del romanzo è, infatti, quasi un mero elenco di avvenimenti con nomi e poco più, se non fosse per certe pittoresche descrizioni dei posti e delle situazioni vissute da essi, che sembrano far vivere al lettore, in prima persona, la vicenda: segno che il talento narrativo dell’autrice è presente. Probabilmente il libro, in origine, era più corposo, sarà stato poi ridotto a causa della mole, per cui risulta, a mio avviso, trattato troppo sinteticamente: troppe vicende e troppi personaggi che si affollano non trasmettono quel respiro ampio che invece è riconoscibile nei libri di Han Suyin.
L'aspetto più positivo di questo romanzo sembra essere quello delle descrizioni folkloristiche e tradizionali della terra di provenienza della scrittrice, come la descrizione di tutte le usanze legate alle circostanze dell'organizzazione di un matrimonio, degli abiti e dei colori appositi. E' superbo, infatti, il modo in cui vengono descritte certe scene colorate, per lo più di rosso, come l'abito della sposa o le superstizioni legate alla scelta dello sposo. Sono, queste, delle curiosità impagabili da assorbire come una spugna, che difficilmente potremo apprendere al di fuori di un libro: chi conosce i cinesi e li ha frequentati, anche solo per un brevissimo lasso di tempo (è sufficiente anche la frequenza nello stesso ristorante per un certo periodo), sa quanto siano schivi e riservati su queste cose. Essi non vi parleranno mai del culto degli antenati, né di cosa hanno attraversato durante il periodo maoista (coloro che lo hanno vissuto).
Una volta, infatti, con una bravissima massaggiatrice, con cui ero entrata in confidenza, proprietaria, del ristorante che, frequentavo, prima che mettessero in vendita l'immobile dov'era sito il locale, mi volli spingere più in là, su un terreno minato e, azzardai a dire che Mao non aveva fatto il bene che si sosteneva alla Cina, anzi l'aveva messa maggiormente in ginocchio, grazie alle sue idee assurde come quella della requisizione del metallo e della conseguente bollitura, a carico di ogni famiglia, all'interno della propria abitazione. Dedussi di fronte all'amica cinese, quindi, che Mao era pazzo se pretendeva certe cose dalla popolazione. Subito vidi negli occhi della donna uno sguardo allarmato, ma di rassegnata accettazione: sapevo che se avessi detto delle cose simili in Cina, compreso chi mi ascoltava, era passibile di un processo per direttissima, con conseguente pena severa (se non addirittura la condanna a morte), a cui segue, in genere, un'aspra e cavillosa autocritica per la riabilitazione. E l'autrice ne sa qualcosa, visto che è avvocato difensore di un'apposita associazione per i diritti dei rifugiati politici delle minoranze etniche presenti in America. Infatti, Bette Bao Lord, in calce al romanzo in esame, ha aggiunto una postfazione in cui fornisce ampi cenni autobiografici e spiega che lo spirito che anima la sua opera è lo stesso che animò lei durante la permanenza nel paese natìo, al fianco del marito, Winston Lord, ambasciatore americano in Cina (già collaboratore diplomatico di Henry Kissinger, dal quale fu inviato per ricucire i rapporti politici tra i due paesi; occasione che rappresentò il primo viaggio in patria per l'autrice, all'età di 35 anni), tra il novembre 1985 e l'aprile 1989.

CENNI BIOGRAFICI
Pertanto, tornando alla disamina del libro, la scrittrice spiega, nella postfazione, che “Lo spirito di LUNA DI PRIMAVERA vive in quel viaggio, abbraccia i titoli dei giornali, gli slogan comunisti, i principi occidentali, il divario culturale, l'isolamento politico e le barriere linguistiche fino a raggiungere il cuore e i pensieri del mio clan” (pag. 252). Sono parole chiarissime che non necessitano di ulteriori commenti.
A questo punto mi sembra opportuna qualche notizia biografica in più, rispetto a quelle fornite dall'autrice nella postfazione del libro, nella quale ci dice, si, la data (3-11-1938) e la città di nascita (Shanghai), ma non chiarisce il motivo per cui si recò negli Stati Uniti all'età di 8 anni. Perciò questo ve lo dirò io.
Il trasferimento dalla Cina agli USA, nel 1947 avvenne in piena guerra cino-giapponese, quando suo padre, un ingegnere con una formazione britannica, fu inviato, grazie a questi studi, dal governo cinese (Kuomintang), ad acquisire nuove conoscenze tecnologiche. Ma nel 1947 la famiglia Bao rimase, nel paese che la ospitava, come rifugiata politica, perché Mao Zedong e gli eserciti comunisti avevano vinto la guerra civile contro il Kuomintang di Chang Kai-Shek, e chi più di una famiglia mandarina era appetibile per essere torturata e bollata come sporca filo-imperialista? Meglio rimanere dove ci si trovava. Il destino, infatti, riserverà, in quella terra, l'incontro della giovane profuga col futuro marito e alleato di battaglie, Winston Lord. I due s'incontrarono precisamente presso la Fletcher School of Law and Diplomacy, un'istituzione molto simile a quella universitaria qui in Italia, da cui uscirono entrambi con una laurea in giurisprudenza.
Sarà proprio questo titolo accademico a permettere a Winston di divenire diplomatico e, a Bette, avvocato difensore dei diritti umani.
Tutte le esperienze della propria infanzia di immigrata cinese nell'America del dopoguerra, saranno narrate nell'autobiografia, destinata ad un pubblico infantile, intitolata THE BOAR AND JACKIE ROBINSON (non pubblicata in Italia), nella quale sono descritte anche molte delle sue frustrazioni per imparare l'inglese e per venire accettata dalle sue compagne di scuola.
Attualmente, la scrittrice-avvocato si dedica, oltre alla scrittura e alle consulenze televisive sulle principali reti televisive americane, anche alla difesa delle minoranze etniche più deboli, mediante un'organizzazione voluta e fondata da Wendell Wilkie ed Eleanor Roosvelt nel 1941, cioè la Board Trustees of Freedom House, no profit e nopartisan, dedita quindi alla divulgazione della democrazia nel mondo.

LE OPERE
Il primo romanzo di Bette Bao Lord, LUNA DI PRIMAVERA appunto, bestseller internazionale, le è valso la nomination dall'American Book Award, quale miglior primo romanzo.
Il secondo romanzo, invece, fu scritto, dalla nostra autrice, a 15 anni di distanza dal primo exploit. E'stato intitolato, in Italia, IL CUORE DI MEZZO (The middle heart). In questo secondo fortunato romanzo vengono, ancora una volta, affrontati i drammatici aspetti che hanno caratterizzato la Cina maoista, col pretesto della storia narrata nel romanzo, fino a giungere ai fatti di piazza Tienanmen, nel 1989, al cui massacro la scrittrice assistette impotente, durante il mandato diplomatico del marito in Cina.
Ma Bette Bao Lord è autrice anche di altri libri, che in Italia non sono stati tutti tradotti e pubblicati come la biografia EIGHT MOON, insieme al già citato IN THE YEAR OF BOAR AND JACKIE COLLINS. Mentre per i tipi della Mondadori è uscito un libro di memorie dal titolo originale di LEGACIES, il quale in italiano è stato tradotto come VOCI DI PRIMAVERA, forse per richiamare alla memoria l'eco della prima e più conosciuta opera di questa autrice.
In VOCI DI PRIMAVERA sono raccolte le testimonianze autentiche di alcuni esponenti di varie classi sociali: l'attrice, il contadino, il militare, il professore universitario, ecc., tutte figure accomunate da una cosa sola: la vita resa impossibile dai feroci eventi politici, che si sono spinti fino al tentativo estremo di cancellare l'identità del popolo cinese.
Le persone che hanno raccontato a Bette Bao Lord le peripezie attraversate non sono state cercate dalla scrittrice, bensì si sono offerte spontaneamente a lei, a cui hanno espressamente richiesto la stesura di questo drammatico documento di verità.
Non è facile trovare VOCI DI PRIMAVERA, perché è un libro che, nonostante l'enorme interesse che può suscitare, non è stato più ristampato, per cui, per procurarvelo, o per lo meno, se siete interessati a leggerlo subito, potete sempre rivolgervi alle biblioteche della vostra città, come ho fatto io e magari fotocopiarvelo per uso personale, in attesa di vedere se qualche libreria on line, riprenderà la vendita o se qualche venditore di ebay lo metterà a disposizione. Altrimenti, potrete sempre rivolgervi a rivendite di usato on line.
Stesso discorso vale anche per IL CUORE DI MEZZO; mentre per LUNA DI PRIMAVERA, in genere, non ci sono problemi, anche se dichiarato fuori catalogo: io lo trovai a Milano, sulla bancarella dei libri usati presso l'entrata della stazione centrale, ma su siti come ebay è sempre più o meno presente.


CONCLUSIONI
Giunti fin qui (chi ha avuto per lo meno il coraggio di arrivarci), facendo un riesame degli elementi riportati, non mi sembra necessario aggiungere altro, per cui non mi resta che augurarvi una buona lettura e un buon "viaggio" nella Cina di B.B. Lord, dalle cui opere, vi assicuro, non rimarrete delusi.
Grazie a tutti per l'attenzione e la pazienza, un cordiale saluto dalla vostra amica.

BIBLIOGRAFIA
- Wikipedia.com (per le informazioni sulla biografia)
- Luna di Primavera, Mondadori, 1981
- Il cuore di mezzo, Mondadori
- Voci di primavera, Mondadori

martedì 12 febbraio 2008

VENTI D' OCCIDENTE



PREAMBOLO
Sicuramente molti di voi che hanno già letto le mie opinioni, di fronte a questa mia nuova un’ esclamazione potranno dare prima di leggere: ancora la Cina? E dagli con questa Cina!
Alla domanda se sono fissata con la Cina, beh...si, lo confesso, è un mio debole.
Adoro la plurimillenaria e raffinatissima cultura cinese, pur con le sue tradizioni e le sue stridenti contraddizioni. Per questo lasciatemi sfogare lo sviscerato amore verso questo adorabile paese.
Ma passiamo al libro vero e proprio.
Anche se "bazzicavo" già la cultura cinese (vedi Yu Hua e Jung Chang) non avevo mai letto niente, né conoscevo Pearl S. Buck, vera e propria capostipite di un filone letterario, che all'epoca in cui scriveva, era appena appena nato: il contrasto tra due culture: quella mite e contemplativa cinese-orientale e quella dinamico-pragmatica degli invasori occidentali. Il risultato, se si considera che la Buck era americana, da un punto di vista estraneo è eccezionale, perchè la Buck ha scritto sempre come una vera cinese, essendo quasi nata lì. Ma delle sue notizie biografiche ci occuperemo più tardi.

VENTO DELL’EST: VENTO DELL’OVEST è composto da tre racconti: il primo, da cui prende il titolo il libro; 2) La prima moglie; 3) La vecchia madre.
Il racconto migliore, di solito il più commentato, è il primo e più lungo.
Il periodo storico, comune a tutti e tre, sono i primi decenni del 900, quando ormai l'Impero si era già dissolto (1911-12).
Vi è narrata la vicenda di Kwei-Lan, una ragazza educata e vissuta secondo la più classica tradizione cinese.
Promessa sin dalla culla ad un giovane, dalla famiglia, Kwei-Lan, da sposata, si troverà con sorpresa e sgomento di fronte ad un marito completamente diverso da ciò che si aspettava, cioè un giovane sposo cinese nel senso tradizionale del termine, il quale da lei attendeva di esser servito e riverito e che poteva decidere come e quando esercitare i propri diritti coniugali. In pratica, un padrone.
Suo marito non è così. E' un giovane medico che ha studiato per dodici anni in occidente, precisamente negli USA, luogo dove spesso si recavano i giovani cinesi del tempo per completare o approfondire, specializzandosi, gli studi intrapresi. Frequentemente, gli studi in questione, riguardavano il settore medico-scientifico, proprio come il marito e il fratello della protagonista. Ed è proprio alla moglie di suo fratello che si rivolge, chiamandola sorella, all'inizio del racconto, per narrarle le sue vicissitudini post-matrimoniali. Con lo scorrere della lettura si capirà perchè la ragazza ci tiene a raccontare alla cognata la sua esperienza.
Pur profondendosi in numerosi sforzi e prodigandosi tanto nella cura del proprio corpo per attirare l'attenzione del coniuge, con cui per oltre quattro mesi dal giorno del matrimonio, non ha ancora instaurato il benchè minimo rapporto, figuriamoci quello sessuale-sentimentale, Kwei-Lan cercherà di chiarire con lui, prima, con sé stessa poi, quali sono gli elementi di disaccordo. Cercando di dialogare una sera, il marito di Kwei-Lan, da buon medico qual è, le farà notare ad es. tutta l'inutilità dell'avere i piedi fasciati, disegnandole perfino lo stato che assumono le ossa quando vengono bendate così strette. Oppure l'importanza della pulizia ecc.
Per Kwei-Lan è un vero e proprio bombardamento di novità oltre che una catastrofe, perchè per attrarre quel marito, o almeno per diventargli amica, significava dover cambiare, e in modo radicale.
Recatasi a far visita alla madre, un bel giorno, ancora perfettamente vergine, non saprà nascondere, di fronte agli occhi acuti e indagatori della genitrice, la verità e le racconterà tutto, proprio tutto, anche il motivo per cui non ha ancora concepito un figlio.
Messa di fronte a questo stato di cose la madre, in armonia con la tradizionale educazione femminile cinese, volta all'obbedienza del proprio uomo, le consiglia con saggezza, pur essendo contraria alle intrusioni occidentali, di piegarsi al volere del marito e di ascoltare ciò che lui le ordina di fare. Detto così sembra trattarsi del solito obbedire, ma per Kwei-Lan è una vera rivoluzione quella che l'aspetta.
Pian piano la giovane sposa, grazie all'abnegazione e all'amore che la lega al giovane marito, riuscirà ad adeguarsi, ma pagando un prezzo piuttosto alto: la rinuncia ad una parte della sua identità e della sua sensibilità femminile, ricompensata però dalla felice intesa coniugale e dall'arrivo del sospirato figlio.

I guai però se sono finiti per Kwei-Lan non sono terminati per la sua famiglia.
La ragazza ha un fratello che, come il suo sposo, ha studiato in America e come loro due era stato promesso sin dalla culla ad una ragazza che, si dà il caso, sia poco avvenente. Ma non tanto questo il punto. E' il fratello di Kwei-Lan che questa volta porta scompiglio nella vita di famiglia. Sta per ritornare in Cina, ma con una donna… occidentale, già sua moglie, a quanto pare.
A poco serviranno gli sforzi che farà il giovane per fare accettare la moglie americana ai genitori.
La madre ne morirà, uccisa anche dal dolore delle invidie delle numerose concubine del marito.
Il padre lo disconoscerà come figlio e lo diserederà; al suo posto riconoscerà il primo figlio maschio avuto da una delle concubine, la quale prenderà perfino il posto di prima signora della defunta moglie.
Solo Kwei-Lan e suo marito saranno dalla parte del giovane e riconosceranno il matrimonio con la donna occidentale, che si prodiga e si sforza per imparare la difficile lingua del marito, decisa a vivere accanto a lui e al figlio giunto più tardi in quella Cina che le è così ostile.
Ecco spiegato il motivo per cui Kwei-Lan, all'inizio del racconto, si rivolge alla cognata con queste parole: - Posso dire queste cose a te, sorella, come non potrei a una sorella vera. Che cosa capirebbe lei della mia stessa gente, dei lontani paesi dove per dodici anni visse mio marito? Neppure potrei parlare liberamente con una delle straniere che non conoscono il nostro popolo, né i costumi che abbiamo conservato sin dai tempi dell'antico Impero? Ma tu? Tu hai vissuto fra noi per tutti i tuoi anni. Appartieni, è vero, alle terre dove mio marito studiò sui libri occidentali; ma non potrai non capire. Dico la verità. Ti ho chiamata sorella: ti dirò tutto -.
Che incipit, vero? Con un incipit del genere vien voglia solo di divorare un libro e Vento dell'est: vento dell'ovest è uno che rientra proprio nella categoria "DIVORABILI".


LA PRIMA MOGLIE
Ne La prima moglie, il secondo racconto, il contesto è simile al primo. La protagonista è un buona moglie cinese, madre di due bambini, amatissima dai suoceri che la considerano la benedizione della loro vecchiaia, non avendo una figlia femmina.
Il marito, come tanti altri giovani, è all'estero a studiare. Al suo ritorno, pur trattando con gentilezza la moglie, le farà notare di essere cambiato sfuggendole in continuazione e rifiutando le sue cortesie.
Annunciato il suo cambiamento il giovane chiederà alla moglie di adeguarsi. La donna, pur con molta fatica accetterà di frequentare una scuola per "acculturarsi" e non far sfigurare il marito. Ma la tradizione e le abitudini radicate su di lei avranno la meglio e la donna si arrenderà.
Tenuta all'oscuro di tutto, dal rammaricato suocero, la giovane, in seguito, verrà a sapere direttamente dal coniuge della volontà di divorziare e di portarle via perfino i bambini, che dovranno per il loro bene godere dei benefici dell'istruzione sua e della nuova moglie, oltre che del vantaggio di andare a scuola.
Di fronte a un quadro simile la povera donna, non potendone più, soccomberà. E, nella convinzione che la sua assenza sarebbe stato un bene per tutti, si impiccherà proprio nella camera dove aveva dormito con i figli per tanti anni.


LA VECCHIA MADRE
Il terzo ed ultimo racconto La vecchia madre, infine, narra di un'anziana donna costretta a vivere in casa del figlio sposato ad una donna che, come lui ha abbracciato i rivoluzionari cambiamenti della cultura occidentale.
La donna, pregna di tradizione, non capirà perchè mai, ad es. il figlio e la nuora non vorranno che lei immerga le bacchette nella scodella contenente il cibo per tutti. Un tempo, ricorda lei, ognuno poteva attingere con le proprie bacchette. Lo avevano sempre fatto quando si mangiava insieme. Né, di conseguenza, capisce il motivo per cui ognuno, in quella casa, doveva servirsi la porzione desiderata nel proprio piatto e basta. Era diventato tutto molto strano, da quando questi figli si erano occidentalizzati!.
L'epilogo di questa storia volgerà non alla morte dell'anziana donna, ma ad un altro ben più tragico. Il figlio, non sopportando più la vecchia madre, ancorata alle tradizioni, avrà un'ennesima e definitiva discussione con lei, al termine della quale constaterà che la sua lucidità mentale vacilla ed è tempo dunque di metterle una sorveglianza costante, perchè la donna dà segni di squilibrio: si lamenta in continuazione di essere maltrattata e minaccia di impiccarsi. E il figlio corre ai ripari ponendovi quello che, per lui è il rimedio migliore.
E' ancora presente qui lo scontro tra due culture opposte, ma in maniera insanabile da entrambe le parti. Se la madre non può arrivare a tanto, neanche il figlio e la nuora, dall'alto della loro cultura, fanno qualche sforzo verso di lei. Tutt'altro. Le rinfacceranno che è fortunata ad avere un figlio la cui moglie è disposta ad ospitarla, vestirla e sfamarla.


RICAPITOLANDO in questi tre racconti delicati e commoventi, viene fuori una triste situazione a cavallo tra due culture, una vecchia millenaria e foriera di certezze e una nuova rivoluzionaria, che traumatizza per il repentino contatto con la novità apportatrice di radicali cambiamenti.

Vento dell'est: vento dell'ovest è, come ho già detto, il primo libro che leggo di Pearl S. Buck e devo dire che l'ho trovato fantastico. L'edizione che possiedo è quella che allegavano al quotidiano La Repubblica, edizione sobria, ma che si conserva bene.


CONSIDERAZIONI PERSONALI
Vento dell'est: vento dell'ovest è un libro che mi sento di consigliare a tutti anche a coloro che sono a digiuno di cultura cinese o a chi non la ama particolarmente, perchè essendo una raccolta di racconti non dà modo al lettore di annoiarsi, anzi lo avvicinano e gli forniscono elementi sufficienti alla stimolazione di un probabile nascente interesse, che potrà poi sempre essere approfondito con autori dello stesso filone come la stessa Buck, Han Suyin (Finchè verrà il mattino e L'amore è una cosa meravigliosa ecc.) o Bette Bao Lord (Luna di primavera, Voci di primavera, Il cuore di mezzo), Yu Hua (Vivere!, Cronache di un venditore di sangue, Le cose del mondo sono fumo ecc.), Jung Chang (Cigni selvatici) e così via.


NOTIZIE BIOGRAFICHE (tratte dal secondo risvolto della sovracoperta) - Pearl Sydenstricker nacque in Virginia nel 1892 e morì nel Vermont nel 1973. Figlia di un missionario presbiteriano, ancora neonata, si trasferì con la famiglia in Cina dove rimase fino al 1900, quando la rivolta dei Boxer li costrinse a rifugiarsi da Chin-Kiang a Shangai.
Appresa perfettamente la lingua cinese, nel 1910 tornò negli USA per laurearsi in letteratura inglese. Nel 1917 sposò John Lossing Buck, missionario come suo padre, e lo seguì di nuovo in Cina dove rimase fino al 1927, insegnando letteratura inglese all'Università di Nanchino.
Nel 1928, separatasi dal marito, tornò in America da sola e nel 1930 pubblicò questo libro, il primo in assoluto, seguito nel 1931 da La buona terra che le valse il premio Pulitzer. Il successo fu immediato e vastissimo aiutato anche dall'abilità promozionale dell'editore Richard J. Walsh, che sposò, in seconde nozze, nel 1935.
La carriera della Buck (il cognome del primo marito fu conservato per motivi professionali) è costellata di successi letterari e di premi invidiabili. Nel 1938, infatti, le fu assegnato il Nobel per la letteratura e nel 1950 venne invitata a far parte dell'American Academy of Arts. Che volete di più?
Alcuni altri successi della sua nutritissima produzione letteraria, per chi volesse andare avanti, sono Figli (1932), L'esilio (1935), il famigerato Questo indomito cuore (1938), Stirpe di drago (1942), La saggezza di Madame Wu (1946), Il fiore nascosto (1952), Mandala (1970).
Sono tutti libri che, con un po’ di pazienza, si possono trovare o nell'usato della vostra città o nelle diffusissime librerie on-line come Bol.it, Ibs.it, comprovendolibri.it, gullivertown.com ecc.
Anche i libri delle autrici prima citate sono un pò difficili da trovare nel nuovo perchè le case editrici ne hanno bloccato la pubblicazione. Consiglio perciò di provare direttamente in internet o nell'usato.

Buona lettura a tutti.

domenica 10 febbraio 2008

LA MIA ADESIONE PER ESSER PIU' FAMOSA

LISTA AMICI DI ALTAPOPOLARITA'
AGGIORNATA AL 2008
SI RICORDA A TUTTI CHE LINKARE IL SITO DI ALTAPOPOLARITA’ NON BASTA, BISOGNA RICOPIARE LA LISTA DEI LINK ALL’INTERNO DEI PROPRI SITI O BLOG AFFINCHE’ IL PROGETTO ABBIA IL VALORE DI LINK CORPORATIVO.
I link inattivi verranno automaticamente rimossi con l’aggiornamento delle liste.
Verranno automaticamente rimossi anche i siti che non hanno pubblicato la lista o che non l’aggiornano da oltre 3 mesi.

ALTAPOPOLARITA’ http://altapopolarita.altervista.org/
GIADATEA http://opinionidirette.blogspot.com/
ROMU http://archedilizia.blogspot.com/
IL PARADISO DEI DANNATI http://paradisodeidannati.blogspot.com/
MARIO SCAFIDI http://settimaarte.leonardo.it/blog
SABRINA http://nonsoloopinioni.blogspot.com/
GIANLUCA http://gianluca-revolution.blogspot.com/
KOCC66 http://kocc66.blogspot.com/
CIVITAWEB http://civitaweb.blogspot.com/
TEONEWS http://elblogditeo.blogspot.com/
IL FARO http://ilfarodisanliborio.blogspot.com/
IL CATANESE http://ilcatanese.blogspot.com/
PABI71 http://pabi71.blogspot.com/
LUCHINO http://2gemelle.blogspot.com/
VECCHIATALPA http://insiemeavoi.blogspot.com/
ROMULO http://flavioromualdo.blogspot.com/
PIOVANELLA http://prodottieopinioni.blogspot.com/
PALATORAFFINATO http://palatoraffinato.blogspot.com/
UN VICOLO CONTROMANO http://drhouse92.blogspot.com/2007/12/cabal-online.html
RISATISSIME http://risatissime.blogspot.com/
GIOCHISSIMI http://giochissimi.blogspot.com/
LUCALUCKY http://lucalucky.myblog.it/
SAUVAGE 27 http://sauvage27.blogspot.com/
MELINA2811 http://melina2811.blogspot.com/
MATTEO http://www.loduonline.altervista.org/
PEPPE S http://ilperiscopio.blogspot.com/
GEMELLE http://pensieroitinerante.blogspot.com/
ILMASTRO http://testasarda.blogspot.com/
FRANKY http://spartacuslibero.blogspot.com/
SILVIO http://silviopistore.blogspot.com/
KANT http://guadagnaresoldiconilweb.blogspot.com/
PROSCAR http://warsaw1978.blogspot.com/
NICOLA ANDRUCCI http://www.lineagoticafight.blogspot.com/
FRANCESCO http://fattiduerisate.blogspot.com/
DARIO http://dario-lasperanza.blogspot.com/
TRIBUTE TO http://tributetomymusic.blogspot.com/
RAGGIODISOLE http://gy-raggiodisole.blogspot.com/
ROBY http://www.queen-robj.blogspot.com/
IL BLOG DI CRISTIAN http://wwwblogdicristian.blogspot.com/
LELE http://wwwdiariolele.blogspot.com/
SEMPLICE UOMO http://sempliceuomo.blogspot.com/
LUCA LUCKY http://lucalucky.altervista.org/
FRANCAMENTE http://nonsoloomeopatia.blogspot.com/
DARIO http://grafica2d3d.blogspot.com/
MARIELLA http://lacucinadimariella.blogspot.com/
CARMINE http://ad9.interfree.it/
B9DAN http://uomomedio.blogspot.com/
CITTADINO QUALUNQUE http://www.cittadinoqualunque.com/
SERBISS http://guadagnoancheio.ws/
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TERRA MARIQUE http://www.terra-marique.net/
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ZIO71 http://guadagni-online-ebay-affiliazioni.blogspot.com/
TEMPIAMAROS http://ilvecchioeilrivoluzionario.blogspot.com/
PABIWEB http://pabi71.googlepages.com/
LAGO http://niente-canzoni-damore.blogspot.com/
GIANLUCA PISTORE http://www.gianlucapistore.com/
TEMPIAMAROS http://tempiamaros.blogspot.com/
SPIRIT IN THE WIND http://freedom4mind.wordpress.com/
MANU T http://kingsoftheuniverse.wordpress.com/
MOKA http://www.animafelina.com/
KIKI http://www.sogniemagia.blogspot.com/
SERENA http://goccedivita-serena.blogspot.com/
JAPPONEBLOG http://www.jappone.com/blog/
ONDAMAGIS http://lepassionidellamenteedelmiocuore.blogspot.com/
BUTTERFLY.23 http://battitodali.myblog.it/
OULIPOP http://betteporter.splinder.com/
STUDIO DI FATTIBILITA’ http://strumentidimarketing.blogspot.com
JACK http://4edge.blogspot.com/
NEMESY http://nemesy78.blogspot.com/
DAMA VERDE http://tempodestate.blogspot.com/
MASSIMO http://mbartalini.blogspot.com/
MADDEA http://cucinalamiapassione.blogspot.com/
ALBERTO http://tappetorientale.blogspot.com/
ESTER http://www.robj-ester-ilblog.blogspot.com/
ALEADE 73 http://voltapagina.blogspot.com/
IL DELFINO http://blog.libero.it/IlDelfinoVerde/?nocache=1204562455
CONFETTINO 2 http://blog.libero.it/Animafelix/?nocache=1204562477
ROBJ http://robj.mastertop100.net/
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PEPPE http://ioscendoqui.blogspot.com/
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RANOCCHIETTA PAMELA B http://paytoclickprovatidipersona.forumcommunity.net/

venerdì 8 febbraio 2008

VHO, UN PAESE SBAGLIATO

Semplice e indimenticabile: l'esperienza didattica di Mario Lodi
IL PAESE SBAGLIATO di Mario Lodi è il diario di un’esperienza didattica – come recita il sottotitolo – di un intero ciclo scolastico avvenuto tra il 1964 e il 1969, nella scuola elementare di Vho di Piadena (CR), cattedra cui era stato assegnato, in quel periodo, l’autore.
Il libro, edito più volte dopo la prima pubblicazione (l’ultima è del 2007), per la fondamentale traccia impressa nel campo scolastico - pedagogico, si apre con una lettera aperta ai giovani maestri, vincitori di concorso, che si avviano alla professione di insegnanti, per redarguirli e incoraggiarli ad affrontare, con coraggio e spirito innovativo, il compito che li aspetta e le responsabilità educative ad esso connesse.
L’opera, per l’autore "rappresentava la conclusione di un percorso iniziato nei primi anni del dopoguerra…dopo la caduta del fascismo e la fine del conflitto", quando "il problema di fondo era la ricostruzione materiale e morale dell’Italia sui nuovi valori espressi dalla Liberazione", (ibidem). Era il 1948, l’anno della promulgazione della Costituzione. Il giovane e inesperto maestro Mario Lodi, fu incaricato di insegnare in una scuola erede dell’autoritarismo fascista, ma entro cui fervevano i cuori e le menti dei giovani insegnanti, pregni di alti valori come la libertà e la democrazia, se non della intenzionale collaborazione cercata per tracciare le basi di una futura, migliore società all’origine di una scuola nuova.
Era quello un periodo comune a tutti i giovani docenti armati di tanta buona volontà e di valori nuovi da applicare alla scuola, pur di strapparla all’ancora imperante aria fascista. "La libertà di pensiero e di parola, la democrazia, la partecipazione alla cosa pubblica non erano cose da imparare leggendole sui libri, ma momenti da vivere dentro la scuola, ancora rigidamente trasmissiva. Ma come si potevano cambiare le cose?" (pp. XI-X). A questa esigenza e a questa domanda Mario Lodi e gli allora giovani insegnanti di ogni ordine e grado diedero vita ad un movimento pedagogico spontaneo, verso gli inizi degli anni 50 dello scorso secolo, che si proponeva di introdurre, nella scuola italiana dell’epoca, "l’idea del bambino protagonista che sviluppa le sue capacità, le mette a disposizione della classe-comunità, stampa un giornale su cui racconta la vita sua e dei compagni, continua il gioco prescolare dell’esplorazione occasionale nella ricerca organizzata, rappresenta il mondo che sta scoprendo: col disegno, il teatro, la musica ecc.", (p. X). Tutte tecniche create dal pedagogista francese Celestine Freinet, a quel tempo non ancora molto conosciuto in Italia.
Era principio fondamentale di questo movimento, chiamatosi poi Movimento di Cooperazione Educativa, adeguare l’insegnamento della scuola pubblica ai principi della recentissima Costituzione repubblicana. Infatti, incominciò in quel periodo la sperimentazione di esperienze, incontri, dibattiti e seminari, i quali, annualmente, venivano tradotti in una sintesi pedagogica nel convegno nazionale. Venne, pertanto, introdotta in Italia una scuola critica, appunto, basata sulle tecniche di Freinet, alternative a quelle precedenti e consolidate nell’autoritarismo fascista: il testo libero, il calcolo
vivente, le attività espressive (pittura, teatro, danza), la ricerca sul campo, la corrispondenza interscolastica con la scolaresca di un paese vicino, la stampa a scuola, la scrittura individuale di storia "con un’impostazione che, insieme a quelle dei bambini, liberava e formava la cultura del maestro", (fonte: mariolodi.it).
E Mario Lodi, grazie ai principi freinetiani, realizzò egregiamente una scuola tutta sua, ne è testimonianza IL PAESE SBAGLIATO, che ottenne il Premio Viareggio nel 1971, a un anno dalla prima pubblicazione, e tutta la sua opera in generale.

Dopo l’introduttiva lettera ai giovani maestri, IL PAESE SBAGLIATO prosegue con una lettera datata 2 ottobre 1964, scritta alle ore 23 e indirizzata, da Vho, ad una ragazzina di nome Katia, probabilmente sua ex alunna, licenziatasi appena dalle medie, la quale aveva deciso di emulare il maestro di un tempo, iscrivendosi, appunto, all’Istituto magistrale per accedere all’insegnamento nelle scuole elementari. La lettera, di fatti, inizia così: "Cara Katia, questa estate, il giorno che in pineta, alla fine di una gita, che era stata tutta una discussione, decidesti di iscriverti all’Istituto magistrale per diventare maestra, io ti feci la promessa di mandarti la documentazione del lavoro nella mia classe, in modo che tu potessi affiancare allo studio teorico sui libri, lo studio dei bambini come sono a scuola. E siccome ogni promessa è debito, eccomi puntualmente a dirti come sono andate le cose in questi primi due giorni…" (p. 15).
Chi sia questa Katia non lo so ancora. Ho rivolto la domanda a Lodi, mediante email, ma, tuttora non ho ancora ricevuto risposta.
Nella lettera al personaggio Katia vengono elencate le prime informazioni necessarie al proseguimento della lettura del libro.
La classe, le spiega il maestro, è una prima formata da nove bambini, tre maschi e sei femmine, al principio dell’anno, scolaresca però destinata ad accrescersi nel corso dell’intero ciclo, perfino con l’arrivo di una quindicenne pluriripetente in quinta.
Allora la scuola si apriva il primo ottobre e i bambini di prima venivano definiti remigini, perché quel giorno fatidico corrispondeva alla ricorrenza di S. Remigio, e a quei piccoli nove remigini il maestro aspettava di aggiungere altri tre ed altri ancora per S. Martino, data in cui si rinnovavano i contratti agrari e, di conseguenza, anche le assunzioni contadine, per questo fino all’11 novembre gli elenchi degli alunni iscritti restavano provvisori, proprio per far posto all’inserimento di eventuali immigranti, se non addirittura la cancellazione dei trasferiti. Se questo era possibile la causa era originata dal fatto che a Vho di Piadena c’era sempre un viavai che permetteva il ricambio degli insediamenti contadini, che lasciavano i cascinali e i piccoli centri per sistemarsi nella frazione, dove gli affitti restavano più bassi. Il ricambio colmava, almeno in parte, il vuoto creatosi con l’esodo dei contadini indigeni. Questo argomento sarà poi approfondito, anni dopo, in quinta, con lo studio sulla cascina e sulla vita che ivi si conduceva. E a Vho c’era un’unica grande cascina, "la cascina Falchetto, detta el calderon (il pentolone)". (p. 351).
La metafora del pentolone, come grande contenitore, era dovuta al fatto che dava lavoro a molti individui, essendo davvero di dimensioni gigantesche, e dalla tipica forma squadrata delle cascine padane "arroccata come un castello sulla riva scoscesa dell’antica vallata del fiume…domina la verde distesa dei prati bassi divenuti terre della cascina", (ibidem).
Dopo una presentazione simile fornitaci da Mario Lodi, possiamo immaginarci un maestoso e imponente edificio che domina la vista del paese e incute timore reverenziale per l’immagine di potere e ricchezza che questo trasmette.
Dentro al Calderone si sono avvicendate generazioni intere, assimilando, a rallentatore, una sfalsata civiltà in evoluzione. E’ la casa di molti degli alunni di Lodi, i quali, dopo l’uscita di scuola sparivano, inghiottiti dai vasti cortili contenuti in essa.
Dal pretesto della ricerca sulla grande cascina, la scolaresca attuò un vero e proprio lavoro lungo e articolato, "le cui linee metodologiche risalgono alla prima classe " (p. 350, nota 1), quando dovevano ancora liberarsi le capacità osservative, creative e logiche, le quali portarono alla produzione di molti testi legati all’ambiente, lungo l’arco dei cinque anni di scuola, in cui il mondo della cascina è prevalente, coinvolgendo tutte le materie scolastiche, fino a trovare la loro piena realizzazione nel giornalino scolastico, utilissimo strumento per comunicare, sul quale furono pubblicati e diramati i lavori svolti in team, ma furono perfino mandati come corrispondenza ad un’altra scolaresca di Piadena.
Proprio durante questa ricerca sul campo, i ragazzi di quinta si resero conto, in prima persona, di quante disparità regnano al mondo tra chi ha di più e chi meno, se non addirittura niente. E’ evidente nel paragrafo Il Prossimo, quando una delle bambine della scolaresca, Donatella, lancia una bomba introducendo, nella discussione che si sta svolgendo sul prossimo più bisognoso, una più precisa realtà: "Io non aiuterei solo con i soldi gli affamati del Biafra, ma darei a ciascuno una famiglia. Qui in Italia c’è però molto egoismo. Si fa l’elemosina ma non si aiuta il povero a vivere", (p. 376). Nacque da lì, testimoniata dal maestro, una discussione veramente interessante tra i bambini, che esposero ognuno il proprio punto di vista. Finché non rispose Donatella per dire ancora: "C’è ingiustizia in Italia. Ci sono i ricchi e i poveri. Quelli che hanno un buon lavoro, come un maestro, quando vanno in pensione, hanno cifre alte, un contadino che ha lavorato tutta la vita prende soltanto 12.000 £, che ora sono salite a 18.000. Se aumentano le pensioni di x lire a tutti siamo ancora al punto di prima perché la differenza è ancora quella. Chi fa più fatica prende meno. Dovrebbero aumentare le paghe e le pensioni più basse". (p. 377).
Da entrambi gli stralci mi sembra di capire che i bambini erano pienamente consapevoli della realtà in cui erano immersi, la disparità di trattamento delle categorie lavorative, tra contadini e insegnanti e tra ricchi e poveri, in generale; ed è curioso, oltre a destar stupore, l’affermazione innocente di una bambina di dieci - undici anni, che commenta amaramente una realtà non facile come quella riferita ai contadini che lavorano (e si stancano di più), i quali, alla fin fine, guadagnano molto meno, in stipendio e pensione, di tanti altri.
Al commento di Donatella, Fiorella aggiungerà perspicacemente, di rimando: "Le leggi le fanno i più ricchi e perciò aumentano a tutti, così aumentano anche a loro e la differenza resta uguale", (ibidem).
E’ commentabile un tale pensiero? No, non mi sembra. Non ci sono parole per spiegarlo. E’ tutto molto chiaro, credo. Vengono perfino scomodati Cristo, Lenin e Gandhi ecc. per cercare le origini di queste disparità a p. 378, fino all’epilogo delle parole che pronuncia Tiberio, in conclusione, affermando: "E i soldi della lotteria dove li prendono? Dai poveri. Li sfruttano anche lì. Il paese sbagliato". Ed ecco da dove Lodi ha tratto il titolo per questo resoconto didattico, anche se aveva già inserito, nel periodo corrispondente alla classe terza, la dicitura, ad opera dei bambini stessi (pp. 170-182).

A questo punto mi sembra doveroso riprendere dall’introduzione ciò che Lodi
sottolinea sulla differenza tra la scuola di una volta e quella attuale.
Nello stralcio riportato più giù, nei punti salienti, l’autore tiene a far capire che "la cultura del docente, a differenza di quella del bambino, è disciplinare" (p. XIII), perché, in effetti, la realtà viene guardata da angolazioni diverse: dal punto di vista scientifico, storico, matematico, geografico, artistico ecc. E a ragione, Lodi lamenta che" se il docente costruisce il suo programma sulle materie da trasmettere, come accadeva nella vecchia scuola, l’apprendimento viene dissociato dal gioco-interesse e il bambino non è più protagonista ma ripetitore di nozioni. La scuola tradizionale, superata dai nuovi programmi era così: la ricca esperienza del bambino accumulata nel tempo prescolare, non aveva diritto di entrare nella scuola. Il bambino doveva solo ascoltare le lezioni del maestro, studiare sul libro di testo e ripetere. Oggi le cose non stanno più così, però è accaduto che nell’organizzazione modulare della scuola, che prevede per ogni classe più docenti, invece d impostare la progettazione collegiale avendo come soggetto dinamico i bambini, i docenti hanno realizzato per ogni materia (o area) il loro programma introducendo la trasmissione delle nozioni. Occupati nello svolgimento dei programmi, hanno abbandonato le attività espressive e creative: - Non abbiamo tempo per fare queste cose -, dicono. Sono andati fuorilegge. Sono andati contro i bambini" (p. XIII).
Questa clamorosa lamentela evidenziata da Lodi, mette l’intera classe insegnante con le spalle al muro, soprattutto dopo l’approvazione e l’attivazione dei Programmi dell’85, che avevano accolto i principi e i valori proclamati dal Movimento di Cooperazione Educativa di cui faceva parte Mario Lodi.
Se il bambino scopre come primo linguaggio la parola " ascoltando il suono delle parole collegate con i gesti agli oggetti ", allo stesso modo apprenderà le regole fino alla piena consapevolezza della finzione intenzionale come quella del " teatro, del gioco, dell’essere altro da sé" (ibidem). Per non parlare dell’area grafico-musicale. Come non ricordare, a questo proposito, lo straordinario talento musicale, del tutto spontaneo, di una delle bambine presenti in quel ciclo scolastico sin dalla prima classe, Lorena, che quando la primavera era in arrivo, esprimeva sé stessa cantando e componendo musica e parole contemporaneamente: perfino di fronte al dolore, la sua concezione della musica risultava talmente radicata e legata alle emozioni, che non si rese mai conto, neppure in quinta, di possedere uno dei doni più rari e preziosi. "Davanti al pennello (un dipinto dell’intera classe) un giorno Lorena si ferma a lungo, come assorta.
- C’è qualcosa che non va? – le chiedo. Ma lei non risponde, continua a fissare il quadro.
- Ti piace? – le dico.
Mi guarda col suo viso sereno e mi dice: - A guardare quel quadro mi viene voglia di cantare -.
Una risposta simile non me l’aspettavo.
- Canta, - le dico. E lei canta davvero, inventando parole e musica all’istante. I bambini smettono il lavoro e ascoltano meravigliati quella voce chiara e robusta che esprime col canto libero il suo pensiero: La luna è rotonda / e cammina con me./ La la la la..."
Addirittura, narra ancora Lodi: " Più avanti Lorena inventerà la musica. Un giorno mentre cantava Io ho visto il fuoco, notammo che accompagnava la voce col gesto della mano, la quale descriveva la scena…" (nota 1, p. 88), che immaginava di vedere mentre cantava e componeva allo stesso tempo. Se c’era il fuoco faceva ondeggiare la manina dapprima bassa fino ad alzarla, come se prendesse il volo, analogamente a ciò che fanno le fiamme quando si innalzano fino a diventare fumo.
Ma la cosa ancor più sorprendente del talento musicale di questa straordinaria bambina, che Mario Lodi ebbe l’avveduta accortezza di lasciarlo esprimere nella sua totalità, fu che Lorena, da sola, si spinse perfino a scrivere alla lavagna "le prime battute del canto disponendole più o meno alte a seconda dell’altezza della voce" (nota 1, pp. 88-89), sentendo perfino l’esigenza, di fronte a quella spontanea disposizione dei versi del suo stesso canto, di inserire una riga " per mettere a posto le parole su e quelle giù. Quelle alte le metterei sopra la riga, quelle basse invece sotto la riga" (p. 89, nota 1).
E’, questo, un incredibile esempio della massima libertà di espressione che Mario Lodi concedeva alla sua scolaresca, così come facevano gli adepti del Movimento di Cooperazione Educativa. Se ci fosse stato un altro insegnante al suo posto, avrebbe sicuramente troncato sul nascere una tale manifestazione di talento puro.

Anche il giornalino di classe, che veniva venduto e trasportato fuori dal paese, mediante treno e nave, è l’ennesimo esempio dell’invidiabile esperienza didattica di Lodi.
Il giornalino, come detto in precedenza, coinvolgeva tutte le discipline, analogamente all’indagine sulla cascina Falchetto, quando erano state calcolate entrate e uscite, guardando alla vita che ivi si conduceva ecc. Questa idea del giornalino di classe come mezzo di divulgazione per esprimersi e farsi sentire – il quale è divenuto un’attività pienamente inserita nel contesto scolastico attuale -, aveva un interlocutore nella scolaresca di Bruno Ciari, maestro a Certaldo (FI). "Ogni bambino ha in quella un suo corrispondente al quale scrive letterine e dal quale riceve regolarmente" (p. 61). Era questo un simpatico modo di coinvolgere tutti, ma proprio tutti, i bambini della classe, perfino i più timidi e riottosi.
Le prime letterine parlate furono guidate dall’insegnante e registrate con un magnetofono, permettendo la messa in primo piano della lingua parlata, tenuta da sempre in soggezione da quella scritta che ha dominato, edificato e imposto leggi sulla lingua orale.
Dopo questo avvio fu facile a Lodi, continuare per quella strada, pur venendo avversato dalle correnti politiche alternatesi nelle varie amministrazioni comunali del paese.
A discapito di questo però il metodo di Lodi, e quella classe, fu perfino indicato come esempio da seguire, perché un bel giorno, all’inizio del quarto anno, nel 1967, si vide piombare in mezzo a banchi e bambini, in un’aula piccola, stretta e scura, una vera e propria troupe televisiva guidata dal regista Riccardo Fellini, fratello del più famoso Federico.
Non si seppe mai il motivo per cui era stata scelta proprio la classe di Lodi dalla TV, né il provveditore lo aveva comunicato all’assessore (maestro e collega), che aveva convocato perché "al superiore si ubbidisce e stop" (p. 255).
Durante le riprese televisive, tutti i bambini vennero coinvolti dallo speaker Bartoccioni, il quale giustificò la loro presenza in quell’aula con uno: "Stanno compiendo un giro per l’Italia in cerca di scuole dove ci sono i maestri che tentano di rinnovar la metodologia didattica adeguandola ai principi della moderna scienza pedagogica" (ibidem).
La troupe, osservata la scolaresca e coinvolti i bambini in diverse attività organizzate precedentemente da Lodi, poi concentrò la sua attenzione sul maestro e sul suo metodo, mediante un’intervista.
E’ inutile sottolineare che il giorno delle riprese la troupe non mostrò alcun rispetto per i bambini, poiché ebbero un comportamento degno dell’opposto contrario di ciò che un adulto dovrebbe tenere se è in loro presenza.
Ma furono ancora loro, quelle piccole innocenti vittime, a rompere il ghiaccio con i dieci uomini della troupe abituandosi alla loro presenza, al loro strano lavoro e a fare amicizia; mentre era proprio il maestro l’unico a sentirsi a disagio e "a far papere." (p. 256).
Nonostante tutto il caos, Lodi parlò e raccontò che: "un giorno, osservando dalla finestra della mia aula, giù in cortile, i ragazzi che vivevano liberi, felici, feci un confronto con loro stessi, qui nei banchi in cui erano obbedienti, rassegnati, senza idee, mentre laggiù erano vivi e ricchi di fantasia. Da quel giorno io dissi basta a un vecchio tipo di scuola, la scuola autoritaria dove io comandavo e loro obbedivano, per incominciare un nuovo tipo di scuola in cui, liberando i ragazzi liberavo anche me, davo un senso alla mia vita, cessavo di farne, in un certo senso, dei piccoli schiavi…E poi la bellezza di non comandare, specialmente ai bambini ai quali comandano tutti. Ecco, mi pare che tutto sia nato in quel giorno che guardai dalla finestra quei bambini liberi giocare", (pp. 256-257).
In queste parole viene enunciata chiaramente la linea ideologica seguita dal MCE a cui l’autore aveva aderito, arricchita però dalla descrizione della presa di coscienza, da parte sua, della situazione in un momento di serenità, di rilassatezza, quando la mente era libera di vagare e pronta a recepire qualsiasi sfumatura presente nell’aria e che Lodi colse pienamente in quell’attimo guardando dalla finestra i suoi alunni scorazzare felici nel cortile di scuola durante la ricreazione. Di lì la presa di coscienza lo fece destare da un assopimento mentale che lo aveva tenuto imbrigliato per anni, da quando aveva iniziato quella professione, che lo aveva poi condotto a fare delle scelte precise che si erano indirizzate verso la pedagogia di Freinet e il MCE.
Da allora la carriera di insegnante di Mario Lodi subì una svolta, testimoniata da opere precise come tutti i libri pubblicati, compreso questo IL PAESE SBAGLIATO, pubblicato da Einaudi grazie all’intervento dell’amico e collega, il poeta Gianni Rodari, già famoso all’epoca, il quale interessato all’operato di Lodi e alla difficile realtà rurale
in cui si trovava ad insegnare, volle proporlo al suo editore, perché ritenuto degno di nota. E non a torto, perchè il fiuto di Rodari si rivelò infallibile: Lodi aveva realmente qualcosa da dire al mondo della scuola.
Seppur avversato e attaccato pubblicamente, subendo perfino il carcere, in gioventù, questo insigne maestro-pedagogista, ha saputo fronteggiare gli attacchi subiti, uscendone sempre a testa alta e incorrotto fino a giungere ai tempi odierni ricevendo, nel 1989, per i meriti e i benefici compiuti a favore dei bambini, perfino la Laurea Honoris Causa dall’Università di Bologna, oltre al premio internazionale Lego, sempre nello stesso anno.
La sua opera, infaticabile e indispensabile, continua ancora, nonostante sia in pensione dal 1978.

* La storia personale e la bibliografia di Mario Lodi sono consultabili sul sito www.mariolodi.it.

POST SCRIPTUM
In data 10-11-07 avevo inviato a Mario Lodi una mail specificando la mia identità e il motivo per cui gli scrivevo.
La mia richiesta riguardava la curiosità verso un particolare presente nel suo libro: l’identità del personaggio Katia. Chi era Katia? Un’ex alunna con cui l’autore era rimasto in contatto e a cui era stato d’aiuto durante i primi passi della sua attività di maestra?
La mia curiosità è rimasta insoddisfatta fino al 28-11-07, quando, ormai avevo già terminato la stesura di questa relazione e l’invio, mediante email all’Università, era già avvenuto. Per questo mi sono sentita in dovere di inserire un Post Scriptum per dare un’identità al personaggio misterioso, dopo il gentilissimo, diretto chiarimento da parte del Sig. Lodi.
La Katia che compare nel libro IL PAESE SBAGLIATO, e a cui è indirizzato tutto il diario dell’esperienza didattica di quel ciclo scolastico, non è altro che la minore delle quattro sorelle della signora Fiorella, moglie dell’autore, la quale, alla fine di una vacanza trascorsa insieme, decise di fare la maestra, per cui chiese al cognato le opportune delucidazioni, che si sono poi realizzate nelle relazioni inviatele e raccolte in questo bellissimo resoconto edito da Einaudi.
La signora Katia è poi diventata maestra, ha insegnato e ora è in pensione.

Col pretesto di questo lavoro, per l’Università Cattolica di Brescia, colgo l’occasione per ringraziare pubblicamente il Dott. Lodi, il quale, grazie al suo gentile intervento, ha soddisfatto la mia curiosità e mi ha permesso di dare un volto al personaggio Katia, oltre che concludere il presente scritto in un modo più concreto. E all’utenza tengo a far sapere che Mario Lodi, per la posizione e la fama raggiunta, pur potendoselo permettere, non è assolutamente altezzoso, né si dà arie di superiorità: è rimasto una persona semplice, umile e cordiale, lo testimonia la sua risposta in cui non mi ha chiamata signora o Dott.ssa, come formalmente mi spetterebbe, ma ha iniziato la sua mail chiamandomi semplicemente: "Cara Lena… ".
Grazie, grazie ancora.

Dott.ssa X X o, più semplicemente, Maestra Lena.

lunedì 4 febbraio 2008

VIVERE! - YU HUA (Libro e Film)

Ho scoperto Yu Hua per caso vedendo, qualche anno fa, il film tratto dall'omonimo libro VIVERE!, che ha vinto nel 1998 il prestigioso premio letterario Grinzane Cavour.
Sono un'appassionata della cultura cinese (ormai lo sapete) e quel film così delicato e intimo - come solo i cinesi sanno fare - mi colse veramente alla sprovvista per la sua accattivante semplicità.
Sia nel film, alla cui realizzazione ha partecipato lo stesso autore, che nel libro, col pretesto di narrare la vicenda dei suoi personaggi, racconta invece la storia della povera e martoriata sua patria, la Cina, dagli anni 40 agli anni 80. E' infatti questa una dolorosa testimonianza di attaccamento al proprio paese e alla vita (non dimentichiamo il titolo, che in cinese è fedele alla traduzione italiana eseguita da Nicoletta Pesaro), nonostante le amarezze e le disillusioni subite a causa dell'avverso periodo storico (Chang Kai Shek e Mao) e delle disgrazie subite dalla famiglia del protagonista Fu Gui.

Il FILM del 1994 girato da Zhang Yimou è stato meno fortunato rispetto ad altri dello stesso regista, ma nonostante ciò è, a mio avviso, spettacolare nella sua semplicità ed essenzialità. Basti pensare che la protagonista femminile è la bravissima Gong Li. Ma la cosa più bella in questo film sono i particolari della vita quotidiana come le sequenze, durante cui vengono mostrate, in primo piano, immagini di ravioli cinesi che fumano nel loro piatto accanto alle immancabili bacchette. O il sipario (che poteva essere anche un qualsiasi lenzuolo) per lo spettacolo delle ombre e le indispensabili marionette di ferro, che con una disarmante semplicità, vengono mostrate da vicino. Così come vengono svelati tutti i segreti della classicità di quest'arte antichissima e imitatissima insieme ai canti che la accompagnano. La telecamera spazia senza fretta dalla folla che assiste allo spettacolo di fronte al palco, fino al retro delle scene, dove sono al lavoro i burattinai - se così si possono chiamare -, che muovono le marionette; al cantore che si accompagna col suo strumento a corde.
Vivere! è un film da vedere e un libro da leggere.

E' impressionante la risposta che Fu Gui dà a suo figlio Youquing, mentre lo accompagna a scuola sulle spalle. Il bambino, contrariato a causa della requisizione, da parte del regime maoista, delle cose a cui è più affezionato, chiede al padre, fiducioso nel futuro, che cosa ci sarà dopo la Rivoluzione; al che Fu Gui risponde: - Il Comunismo -, con una totale ingenua fiducia nel futuro, che denuncia il brutale lavaggio del cervello che Mao stava operando sulle masse, pur di consolidare il proprio potere.

Il FILM è la storia di Fu Gui che da ricco proprietario terriero, giocatosi tutto, si trasforma in un povero contadino, trascinandosi dietro anche la famiglia.
Sarà proprio questa la cosa che gli salverà la vita tempo dopo: il nascente regime non tollera i ricchi latifondisti ed è chiaramente a favore dei più poveri e dei contadini, com'è ora lui.
Fu Gui per mantenere la famiglia, dopo varie peripezie, farà il cantastorie e il burattinaio per il teatro delle ombre. Non svelo il resto se non c'è gusto né a vederlo né a leggerlo, anche perchè mi rendo conto che, come sempre, le mie opinioni sono troppo ricche di particolari che potrebbero distogliere la voglia di vedere questo bellissimo film e di leggere l'omonimo libro.

Sul LIBRO dirò solo che mi ha sorpreso non poco, dato che avevo visto prima il film.
Pur essendo scritto in modo piacevole e scorrevole, non capisco perchè Yu Hua nella sceneggiatura cinematografica abbia stravolto la trama originale della sua stessa opera.
Il LIBRO è narrato in prima persona da un cantore del teatro delle ombre, il quale, durante i suoi spostamenti da un paese all'altro, incontra un vecchio contadino che parla ad un vecchio bufalo.
Instauratasi una certa confidenza tra i due, il contadino si lascia convincere a narrare la sua storia, nella quale ci sono molti elementi del film, ma non compare mai, da parte di Fu Gui, l'aver svolto l'attività di burattinaio.
Non sono riuscita a raccogliere notizie a proposito di questa discrepanza, resta comunque, il fatto che entrambe le opere sono da tenere in considerazione, soprattutto da chi ama la Cina e la sua millenaria cultura.


NOTIZIE BIOGRAFICHE SULL'AUTORE
Nato nella Cina meridionale (Zhejiang) nel 1960, Yu Yua è figlio di un'infermiera e un medico.
Dopo essersi laureato in medicina, ed aver esercitato questa professione per qualche tempo, dal 1987 si è dedicato anima e cuore alla narrativa con 2 romanzi (tra cui VIVERE! del 1992) e diverse raccolte di racconti.
Attualmente, è considerato uno tra gli autori più controversi ed estremi della Cina odierna a causa della dissacrante e beffarda provocazione alla tradizione letteraria cinese.
E' un autore da leggere e da non perdere.





Altre sue opere sono:
- Torture, (Einaudi), 1997
- L'eco della pioggia (Donzelli), 1997
- Cronache di un venditore di sangue, (Einaudi), 1998
- Le cose del mondo sono fumo, (Einaudi), 2004