DIRITTI D'AUTORE

Salve, amici, siate i benvenuti nel mio spazio personale in cui prendono forma le passioni che alimentano la mia vita.
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giovedì 11 dicembre 2008

Gli Intrusi (fantasmi psicoanalizzati)

Pubblico oggi la recensione di uno dei film più belli visti negli ultimi anni: THE OTHERS, di Alejandro Amenabar.

THE OTHERS
***Lo scritto che segue svela il finale, per cui chi non ha ancora visto questo film, potrà anche fermarsi al punto "critico".****

La passione che mi ha sempre presa per questo genere cinematografico e la voglia di proporre un viaggio tra i film riguardanti l'aldilà, ha avuto la meglio ed ecco qui la recensione di uno dei film da me più amati, ma anche più temuti, essendo questo un genere piuttosto "eccitante" i sensi, ma non quelli "buoni", bensì quelli più terribili, quelli che scatenano le paure più a portata di mano, le quali risvegliano, a loro volta e malgrado la nostra cosciente razionalità, quelle ancor più recondite e profonde, risalenti al periodo più ancestrale e antico che si chiama "infanzia". Anzi, per esser più chiari, quell'età in cui avevamo pochi mesi e non eravamo ancora in grado di parlare, ma eravamo pur sempre in grado di capire qualcosa ed essere preda di paure, molte volte, inesistenti! Quelle paure, definite dalla psicoanalisi "Fantasmatica Relazionale", in età razionale e adulta, sono in grado di modificare e condizionare pesantemente l'andamento della nostra vita, il modo di vederla, il modo di pensarla e, infine, il nostro stesso carattere.
Ed è quello che, in questo film, ha fatto la religiosissima Grace Stewart, la protagonista, nonché la bravissima attrice australiana Nicole Kidman, arrivando fino al punto da rimuovere perfino l'idea della morte e del senso di colpa ad essa legato...perché? Perché Grace si comporta così, procurando seconde visioni notturne, in noi spettatori più sensibili a certe pellicole così impressionanti?
Analizziamone insieme il motivo...

LA TRAMA
1945. La seconda guerra mondiale si è appena conclusa e Grace, da poco trasferitasi in una villa fastosa e lussuosa, quanto tetra e solitaria, avvolta nella nebbia e da terreni paludosi, sull'isola di Jersey, che aveva comperato col marito Charles, prima che questi partisse per la guerra, sta passando un periodo davvero difficile: il marito risulta disperso; è stata abbandonata da tutta la servitù, senza un motivo plausibile, né riesce a trovare qualcuno per sostituirla, e ha due figli bellissimi e tenerissimi, in età di scuola elementare, che soffrono di un particolare disturbo, cioè una rarissima fotosensibilità alla luce solare, la quale, se dovesse accidentalmente colpirli, provocherebbe su di essi gravi problemi respiratori e allergie alla pelle. Per questo bambini e madre sono costretti a vivere praticamente in penombra, se non al buio o, al massimo, al lume di candela. Ogni porta-finestra è, infatti, coperta da pesanti tendaggi scuri e ogni volta che si lascia una stanza per andare in un'altra, è sempre necessario chiudere a chiave la porta della precedente.
E' proprio questo uno dei motivi che ha fatto fuggire la servitù all'improvviso!

Si narra, infatti, che in quella casa così bella ma così isolata, succedano strane cose e quando Grace si vede giungere dietro la porta d'entrata tre persone con un volantino in mano corrispondente all'annuncio che lei aveva diffuso per l'assunzione, accetta di buon grado di metterli alla prova.
Essi sono: Mrs Berta Mills, la governante, Mr Edmund Tuttle, il giardiniere e una ragazza muta che farà da cameriera, Lydia.

Sin dall'inizio a Grace appare chiaro che quei tre sanno molto e conoscono benissimo quella casa, di cui, assicurano, essere stati già alle dipendenze dei precedenti padroni, i quali venduta la villa si erano trovati senza un lavoro e alla notizia che la stessa dimora, in cui essi avevano vissuto felici per tanti anni e che consideravano la loro vera casa, fosse alla ricerca di personale non si erano tirati indietro ed erano accorsi subito, sicuri di trovarsi bene anche alle dipendenze dei nuovi proprietari.
I tre è chiaro che nascondano qualcosa! Pur svolgendo efficientemente il proprio lavoro, sono troppo strani. Vestono con abiti parecchio fuori moda. Mrs Mills, ad es., indossa sempre degli abiti scuri e lunghi fino ai piedi, come si usava una cinquantina di anni prima, se non addirittura nel secolo precedente.
Lydia sembra essere stupidotta, ma capisce benissimo ciò che succede, solo che non parla e Mr Tuttle vanga sempre un punto preciso del giardino, durante il giorno, ossessivame
nte, quasi
 volesse nascondere qualcosa di proibito!

Ma non è finita qui! Le stranezze si succedono in modo inquietante.
Anne, la figlia maggiore di Grace ode delle voci, mentre insieme al fratellino Nicholas si "intrattiene" spesso con un altro bambino più o meno della loro età, Victor, con cui giocano, discutono, litigano, fino ad un evento spaventoso che si verifica una notte in cui Anne accusa il fratellino, con cui dorme - per la paura di restar sola -, di non respirare in modo raccapricciante, perché la spaventa solamente. Al che Nicholas ribatte che non è lui a respirare in quel modo, bensì Victor che rantola per lo spavento preso!
L'urlo dei bambini ovviamente chiude la ripresa facendo agghiacciare il sangue nelle vene di qualsiasi spettatore (ricordo che al cinema non volli vedere la scena, a causa dell'altissima 
tensione, per cui mi misi una mano sugli occhi pur di non vedere la spaventosa "presenza"!). Mi sbagliavo: non fu mostrato niente di impressionante.

Altri spaventosi eventi sono quelli che avvengono in una particolare stanza, dove Grace è solita trattenersi. Lì c'è un grosso e bellissimo pianoforte a coda che ogni tanto, soprattutto prima, amava suonare, ma una sera all'improvviso, dopo aver chiuso, come sempre, a chiave la porta, sente suonare in modo mirabile quel pianoforte che, da quando Charles è scomparso non suona più, quindi tenta di aprire, ma la porta è chiusa dall'interno. Grace non ha le chiavi, quindi urla il nome della governante la quale scende in camicia da notte, come una donna d'altri tempi, e le fornisce la chiave di cui Grace è sprovvista. Aperta la porta la povera donna non capisce come mai quel pianoforte suoni "da solo" melodie bellissime... La tensione cresce, le allucinazioni aumentano! Ci sono delle presenze in quella casa, ora ne è certa!

Per questo il mattino successivo s'incammina nella fitta nebbia alla ricerca del parroco perché disinfesti da quelle moleste presenze la sua casa.
Strada facendo però Grace fa un incontro inaspettato: dalle insondabili nebbie della palude vede venirle incontro, stanco, affamato e sporco, quanto anelante di affetto e di calore umano, proprio suo marito Charles, in divisa e con fucile in spalla, per cui lei, religiosissima, non può far altro che ringraziare Dio, per la sua infinita bontà, per averle ridato il marito creduto morto!
La gioia è grande e l'orgoglio pure! Adesso si, che non è più una donna sola e abbandonata. Potrà contare di nuovo sull'appoggio del suo amato e sfoggiato marito che subito presenta alla servitù e fa rivedere ai bambini, che accolgono il loro papà con infinita gioia! Anne si prepara perfino alla prima Comunione, a cui tiene molto, soprattutto ora che c'è di nuovo il padre.

Charles e Grace, intanto, passano una notte d'amore come non accadeva più da tempo tra loro, ma in lui c'è sempre una vaga ombra di disappunto, come se dovesse lasciare tutto di nuovo e andarsene, mentre Grace non riesce a farsene una ragione anche se lui tenta di farle 
capire, di spiegarle qualcosa che va oltre la semplice comprensione umana: - "Loro"- dice - mi hanno solo lasciato venire qui da te perché non capivi e mi chiamavi in continuazione...-.
Chi siano questi "loro" non è dato saperlo, però gli strani eventi continuano, soprattutto in una stanza del soffitto, da dove sembra provenire una strana forza. Che sarà mai?

Ripiomba tutto nella tetraggine di prima, ma Grace non si dà pace e diventa ancor più iperprotettiva nei confronti dei figli, perfino contro la servitù che, pur nelle sue stranezze, si è sempre dimostrata cordiale e affettuosa coi bambini. Fino al giorno in cui Grace non fa una scoperta...una macabra scoperta!
Approfittando dell'assenza dei tre, una mattina sale ai piani alti, dove ci sono le stanze dell
a servitù e trova, nascosta, sotto materassi arrotolati e cuscini, una foto che ritrae i tre seduti ciascuno su una sedia, abbandonati e col capo ciondolante, proprio come fossero morti! Tempo prima, infatti, Grace rovistando un po' tra le scartoffie appartenenti ai precedenti proprietari della villa, aveva trovato un album fotografico dei primi del '900, contenente foto dell'epoca ritraenti perfino gente seduta e addormentata, per cui aveva chiesto delucidazioni a Mrs Mills, che aveva già vissuto lì e aveva conosciuto gli abitanti di un tempo.

All'esclamazione di Grace:- Guardi, dormono!-, e di fronte alle foto di quelle persone dal capo ciondolante, la governante chiarisce che non è esattamente così: le persone ritratte sono morte. Si usava fare così a quei tempi anche a causa della terribile epidemia di tubercolosi che impazzava tra fine 800, inizio 900 e che mieteva vittime a non finire! Al che Grace, scossa, lancia istintivamente nel fuoco del camino quell'album, quasi a cancellare l'ombra della morte che sente incombere su di sé e sui suoi figli!


La scoperta poi, grazie alla foto scovata, che perfino la servitù non era esente da misteri, le fa dedurre che effettivamente qualcosa non quadra, per cui litiga e minaccia i tre "individui" di spararli col fucile, se non fossero andati via al più presto da quella casa.
Ma prima di andar via Mrs Mills discute con Grace cercando di indurla alla ragione e farle capire dov'è che sbaglia. Strappa quindi le tende dalle porte-finestre lasciando entrare il sole splendente e la vita che porta con sé e le dimostra che i bambini, se esposti, non subiscono alcun aggravamento! E' lei che deve capire, deve accettare una verità che non vuol vedere...loro tre sono stati mandati lì per aiutarla solamente!

*** CHI NON VUOLE APPRENDERE IL FINALE, NON LEGGA QUAGGIU'***
Non volendo capir ragione Grace li scaccia ancor più bruscamente e definitivamente. Ben presto, però, si troverà a dover fare i conti con altro di cui non riesce a dominare gli eventi, fino al parossismo di una scena inaspettata, proveniente dalla solita maledetta stanza in soffitta, dove una medium dall'aspetto spaventoso, sta guidando una seduta spiritica in compagnia di due adulti e un bambino (di nome Victor!!!) e sta invocando le anime di una madre disperata che aveva soffocato con i cuscini, durante il sonno, i due figlioletti, in seguito alla notizia della scomparsa del marito. Poi, puntatasi in fronte il fucile carico, si era finita per il rimorso. La vedova, spiegava la medium ai due adulti, non aveva mai accettato la scomparsa del marito e il fatto di essere rimasta sola. Aveva quindi riversato la sua folle disperazione sui figli, rimuovendo l'omicidio e il suicidio, continuando, la sua anima, a credersi viva e in attesa del ritorno del marito.

LA CONSAPEVOLEZZA
Messa di fronte alla realtà delle cose Grace deve dare atto alla servitù e a Mrs Mills, in 
particolare, che riappare insieme agli altri due, proprio come un fantasma qual è, per confortarla e farle capire che sono tutti ormai dei trapassati e che lei non le è nemica, come ha sempre voluto credere. E che, se avesse voluto, avrebbero potuto vivere serenamente tutti e sei in quella che loro consideravano, ormai, la propria casa: Grace avrebbe fatto sempre da padrona e loro da servitori, nonostante fossero morti più di 50 anni prima e fossero stati "scacciati" quando avevano "purificato" quel luogo infestato dalle loro presenze.
Grace finalmente rassegnata, capisce e accetta di buon grado il suo stato e la confortante tazza di tè che Mrs Mills è pronta a prepararle. Adesso sa che era tutta una "finzione", che suo marito, i suoi figli, la servitù e lei stessa sono tutti morti e che i bambini non dovranno più temere di esporsi al sole, perché potranno giocare e ridere con la vitalità tipica della loro età, né lei dovrà più preoccuparsi di chiudere sempre a chiave ogni porta da cui esce!

La medium, alla fine, per quanto in gamba sia, non riesce a liberare la villa dalle inquietanti presenze, così viene rimessa in vendita, lasciando liberi di "VIVERE" finalmente in armonia con sé stessa, e con gli "altri", la povera Grace e il resto della "famiglia", che guarderà contenta, da dietro le enormi vetrate, andar via la famigliola viva che non aveva mai trovato tregua. Solo uno di essi vede le "presenze"...Victor, il compagno di giochi di Anne e Nicholas.
Gli intrusi se ne sono andati.

Ma chi erano, secondo voi, i veri intrusi?

CONSIDERAZIONI PERSONALI
Il film THE OTHERS è stato presentato nel 2001 alla Mostra del Cinema di Venezia per la geniale regia di un, allora, ancor poco noto regista spagnolo Alejandro Amenabar, attualmente
marito di Kate Winslet, l'eroina del Titanic, tanto per intenderci, che si era fatto notare però con un film abbastanza originale, di ambientazione accademica "Thesis", sempre di suspance, ovvio!

Da qualche parte ho letto che questo mirabile film ha avuto 15 candidature all'Oscar, ma già solo in Spagna, nel 2002, ha vinto ben 8 premi Goya, cioè l'importante manifestazione cinematografica che si tiene annualmente nella penisola iberica, un po' come la nostra Mostra di Venezia, appunto.
Di questo lungometraggio posso asserire, con sicurezza, che è vietato ai minori di 14 anni, non per le scene cruente e di sangue di cui è privo il film, ma per la costante e ossessiva tensione aleggiante lungo tutta la pellicola, sempre tetra, dominata dall'oscurità e dalla religiosità di Grace; dalle porte chiuse e sbattute da sole, alle rare scene mozzafiato che si risolvono sempre in un non detto.

Ho trovato, per questo, geniale l'idea del mistero irrisolvibile di chi fossero i veri intrusi, se i servitori nella vita di Grace e dei suoi bambini, protetti fino alla soffocante ossessione o Grace e i bambini nella vita dei servitori, un tempo abitatori di quella casa, da vivi!
La sconvolgente verità finale poi lascia davvero senza fiato, perché si ritrovano tutte le spiegazioni tenute sempre in sospeso lungo tutto il film.
Ed ecco in Grace, come spiegavo nell'introduzione, la RIMOZIONE dell'omicidio dei figli, la paurosa e disperata sensazione di presa di coscienza, in un momento di lucidità, della follia del gesto compiuto proprio sulle creature più amate e indifese! Lei così credente! Lei così devota a Dio e al ruolo di madre vedova che deve proteggere a tutti i costi la sua prole! Proprio lei che, invece, non ha fatto che cedere ai suoi stessi nervi, cancellando, in un sol gesto, il bene più grande posseduto al mondo.

ALTRO ASPETTO PSICOLOGICO che mi ha colpito maggiormente e che tengo a sottolineare qui, è quello dell'umanità quasi scontata che Amènabar attribuisce alla servitù, già da tempo passata a miglior vita. In essi si riconosce un'educazione e un rispetto d'altri tempi, quasi una venerazione per i padroni, chiunque essi siano: loro sono lì per servirli ed eseguire il proprio lavoro... perfino da morti! La fedeltà è assoluta anche quando Mrs Mills, dopo essere stata pesantemente apostrofata e scacciata da Grace, propone, nel finale, una conciliante tazza di tè alla sua sconcertata padrona-fantasma.

Grandioso e geniale è il mio giudizio su questo film e sulla sceneggiatura, curata sempre da Amènabar, soprattutto CONSIGLIATISSIMO, ma non a chi ha patologie cardiache: la tensione è spaccacuore! Né lo consiglio a chi è labile psicologicamente o ai bambini.
Non vi farà restare tranquilli sulla sedia, durante la visione, neanche per un momento, a causa dell'alta tensione che regna costantemente, ma, credetemi, vale davvero la pena vederlo, ve lo assicuro, pur se limitatamente a coloro che ho indicato su.

Buona visione, quindi, e al prossimo post!

giovedì 27 novembre 2008

Il mio Sole

Giusto per farmi viva ogni tanto, vi propongo qui una versione inedita di me stessa: poetessa. Che faccia ridere o meno, che non sia mai stata particolarmente portata per scrivere poesie, lo so, però ci tengo lo stesso a pubblicare qui questo mio tentativo.


E' molto triste, è vero, perchè è stata scritta in un momento di particolare sconforto, ma esprimeva tutto ciò che avevo dentro.
Spero non dispiaccia la versione poetica di Ondamagis.
Eventualmente ci sono delle inesattezze o licenze poetiche troppo "LICENZIATE" ^____^, abbiate pietà... sono solo una pivella!!!!


IL MIO SOLE



Tu eri il sole per me,
il sole più bello,


il più fulgido,
quello più accecante,
il più limpido e splendente.



Il mio sole personale,
che m'inondava di luce
e mi ricopriva d'amore,
mentre,
ancora attonita e incredula,
restavo, titubante, a chiedermi:
come mai tanta fortuna?


Come mai meritavo tanto?



La tua presenza nella mia vita
ha portato tanta luce,
una luce pura,
che ha illuminato
la mia esistenza
grigia e disperata,
quando arrivasti.
Che mi indusse a ricredermi
che non era poi tutto da buttare via,
che da una scintilla,


anche minima,
si potesse accendere un fuoco,
un fuoco nuovo,


vivo e ardente,
pieno di speranza e di positività…

Appoggio la fronte sul mio braccio
per rievocarti,
per rivederti
(non mi è rimasto che questo di te),
per parlarti,


per sentire ancora la tua voce,
quella voce tanto amata,
che mi rendeva così felice
e che non ho più udito
inghiottita dalla lontananza,


risucchiata dalle spire del dolore
di quel brusco distacco…





E me ne sto qui,
seduta,
sola,
a osservare,


disperata,
condividere la tua felicità
con chi ha preso il posto mio,
nel tuo cuore,
nelle tue confidenze…



E mi chiedo ancora,
amore mio,
in cosa posso aver sbagliato?
So di averti ferito profondamente
scappando via da te,


ma ero così confusa,
così spaventata
dall'intensità dei miei sentimenti!





Quanto amore avrei voluto darti…


Con quante buffe tenerezze
avrei voluto ricoprirti…


Con quali parole intriganti
avrei voluto sedurti...



Adesso qui,
vicino a me,
non c'è altro che il nulla,
il vuoto più assoluto
che mi fa disperare
e mi riporta,
con la mente,
sempre verso di te…



Non ci sei più,
ma dentro di me
sei più vivo che mai,
alimentato dall'amore che fu.

Oggi,
per me,
il sole non brilla più.



sabato 8 novembre 2008

La mia città ideale - Omaggio al mio poeta del cuore

Ciao a tutti, cari amici bloggers, dopo un lungo periodo di assenza torno qui per continuare ad arricchire il mio percorso in questo blog che, pur se non apprezzato direttamente, noto, dai contatori e dalle statistiche delle entrate, che è molto ricercato, in particolare post come quelli della sezione
 Didattica e quello sulla sordità, Per questo vi ringrazio di cuore. 
Ora posso procedere, ma prima di tutto mi dò un BENTORNATA, poi vado avanti.

TRIESTE 
Avrei dovuto pubblicare questo post il giorno dell'anniversario del 4 novembre, ma l'ora tarda e tutte le penose vicissitudini verificatesi in settimana, mi han
no impedito di farlo. Eccola qui però! Ecco qui il mio omaggio a Trieste, una città tanto amata e a cui era da tempo che dovevo quest'omaggio, sempre rimandato.Ora ce l'ho fatta, mia bella Trieste, ed eccomi 
qui a mantenere la mia promessa!Il desiderio che mi ha spinto a stendere un post su questa città tanto amata è sicuramente derivato dagli studi che sto effettuando e che (chi mi conosce sa già) riguardano Saba e la sua città, cioè Trieste; e il viaggio svolto l'anno scorso, proprio di questi tempi, sulle tracce del mio poeta del cuore, Saba appunto!
Che dire di Trieste che non sia stato già detto nella rete o dalle guide?
Che è una bella città?
Non è vero, è splendida!Che unisce in un'unica soluzione un mare ineguagliabile e una montagna altrettanto incomparabile?

Si sapeva già!

Che è famosa più per la sua bora che per i suoi monumenti?
Risaputo!

Che annovera figli del calibro di Umberto Saba, Italo Svevo, Claudio Magris, Virgilio Giotti (pur se nativo di Gorizia), ecc.?
Tutti conosciuti!

Che è antica e moderna allo stesso tempo? Lo sapevamo già!

Che ha un glorioso passato militare oltre che storico e culturale?
Vero!

Io, comunque, qui non ho intenzione di scrivere della città, dei suoi monumenti, descrizione che potrete trovare su qualsiasi guida o anche in rete, bensì voglio solo
ricordare che questa splendida città, il 4 novembre, ricorrenza a ridosso della festa del patrono S. Giusto, festeggia con una bellissima parata militare, che parte dal molo Audace (l'ex molo S. Carlo di sabiana memoria) e arriva fino in piazza Unità d'Italia, lo sbarco degli "Italiani", nel 1918, giunti appositamente lì per liberare una terra che geograficamente apparteneva loro, ma che politicamente era sotto l'impero asburgico! (Io ho assistito a questa commemorazione proprio l'anno scorso).
E', infatti, noto che questa città è, ancora adesso, territorio comune di italiani, sloveni,
croati, ebrei e anche musulmani di ogni nazione, i quali appartenenti alla religione islamica detengono il primato di avere il cimitero musulmano più grande d'Europa!
Mi fu, infatti, riferito nella mia ultima visita a Trieste, che gli adepti dell'islam chiesero di fondare una grande moschea, visto il cimitero e la vicinanza con paesi europei di religione musulmana; tale costruzione fu però loro negata perché Trieste era stata già martoriata abbastanza, insieme a Trento, fino agli anni '50, trovandosi in una posizione geografica strategica per i numerosi e golosi vicini confinanti, i quali sono ancora propensi a metterle le mani addosso. Pertanto, non ne fu fatto mai niente onde evitare di esser teatro di altri scontri non desiderati.
Anche quando scoppiò la guerra in Iraq, agli alleati degli Usa fu negato l'accesso delle truppe che dovevano recarsi in medio oriente: sarebbe stata una compromissione fatale! Saggia, quindi, la decisione della regione autonoma Friuli Venezia Giulia, di cui Trieste è capoluogo, di non mischiarsi a nessuna di queste beghe
Pensate che il crogiolo di razze ed etnie, qui, ha perfino permesso che, nello stesso cimitero cristiano, ci sia un altrettanto vasto 
cimitero di un' altrettanto grande religione mondiale: l'ebraismo!Pensate che è ancora perfettamente conservato e ristrutturato il famoso ghetto ebraico, ora divenuto zona esclusivamente chic del centro storico ricco di antiquari e di barettini tutti in stile retrò.
Il pout-pourrie presente in questa grande e bellissima città è riconoscibile anche dai suoi palazzi: sontuosi edifici di stile mitteleuropeo, mescolati a cupole orientaleggianti di chiese ortodosse e sinagoghe ebraiche; palazzi di moderni e squadrati condomini mescolati a inconfondibili e preziose costruzioni venete ecc.

Ma la cosa che più distingue questa splendida città da moltissime altre è la sua vicinanza al mare: dalla piazza Unità d'Italia, dove c'è il monumento dei Quattro Continenti (perché inizialmente si credeva fossero realmente 4), dove si trovano palazzi spettacolari come quelli degli assicuratori Lloyds e Generali o il palazzo del Governo, o l'esclusivo Caffè degli Specchi e l'antico suono dei Mori che dall'alto del loro campanile segnalano l'ora, se si attraversa la strada e ci si dirige al molo, ci si troverà direttamente sul mare, il quale basta poco perché ci lambisca i piedi.

Solo una strada divide il mare dalla piazza e questa piazza, oltre ad essere già di suo bellissima, è tutta costellata di lampadelle azzurrine poste a terra, che rendono ancor più invitante il passeggiarci sopra!

Grazie al suo passato veneto, a Trieste sarà possibile imbattersi in un pezzo raro di Venezia staccata dalla sua origine: Via del Canal Grande! Una vera e propria chicca veneziana, col canale e le barche attraccate, che non possono più uscire se la marea si alza, raggiungendo, di conseguenza, l'altezza dei ponti alle due estremità della via.
Proprio in questa strada sarà possibile trovare la statua di un famoso irlandese: James Joyce, che, folgorato dallo splendore tergestino, dimenticò i fasti dublinesi!

Tergestino...si tergestino, perché prima di tutto la mia città ideale è stata anche romana, quindi chiamata Tergeste!

E' evidente, questo, nelle testimonianze architettoniche come quella del glorioso e bellissimo teatro, così ben conservato, che prende vita in estate con i suoi splendidi spettacoli al pari di altri colleghi in altre città dall'altrettanto ricco e glorioso passato, come ad es. Verona.

Ma devo dire ancora?

Il castello di Miramare di Massimiliano d'Asburgo, non vi dice niente? Sicuro?
E la Barcola? Neanche questa?
E Opicina, il Carso, S. Giusto, il Tocai con la c, senza la k,...neanche questi altri?
Beh, se è così propongo, per scoprire questi nomi cosa siano, di farci un saltino, giusto per respirare un po' d'aria buona, mangiare bene e bere grappa di produzione (mai come in questa città, mi capitò di trovare tanta grappa genuina nelle pubbliche
postazioni, nemmeno nella vicina Udine, che pur può vantarsi di giganti produttori come la Nonino!).

Ma questa è un'altra storia.

LA MIA DESCRIZIONE

Ho descritto qui volutamente solo un saggio antologico di cos'è in realtà questa città. Per questo non ho la pretesa di definire questo post un'illustrazione di qualcosa di preciso: questa è la MIA Trieste, quella che io ho vissuto e ho visitato volentieri più di una volta, nonostante i piedi urlanti dal dolore a furia di continuare imperterrita ad andare in giro!

Prima di CONCLUDERE, vorrei ricordarvi di non commettere il mio errore: non dite mai ad un triestino che la sua città è nel Friuli e lui un Friulano (SCUSA LORIS/Sauvage27, altro stimato blogger, per chi non avesse capito), perché vi risponderà che è un Giuliano e che Trieste è nella Venezia Giulia!!!! 

Io lo rifeci ancora la seconda volta che ci andai. Ero a Muggia, l'ultimo paese italiano al confine con la Slovenia. Tirava una boretta non indifferente e i traghetti non avevano la minima intenzione di spostarsi da Trieste a dove mi trovavo io. 

A pranzo in un ristorantino tipico, scambiando qualche parola col proprietario, un romano sposatosi con una donna del posto, gli chiesi cosa ci facesse un romano in Friuli, ormai chiaramente naturalizzato "friulano"...subito, a quelle parole sentii levarsi alle mie spalle un mormorio di disappunto.

Era seduta una giovane coppia, il cui sposo mi apostrofò alquanto piccato: - Friulano? Giuliano piuttosto! Qui siamo nella Venezia Giulia! -
Mi corressi subito, facendo attenzione, in seguito, a non sbagliare più.
Triest xè semper Triest! (ho scritto bene? Mi correggano gli amici triestini che leggono). 

E se ci andrete, fate caso alla buffa parlata molto simile a quella veneziana. Io l'ho trovata comicissima tanto da stare per minuti interi ad origliare ciò che diceva la gente in dialetto. Risulterà un po' ostica a chi è distante geograficamente dalla zona, ma se avrete visto qualche commedia in vernacolo di Goldoni, e avrete capito ciò che è stato detto, non sarà così difficile decifrare almeno qualcosina della parlata tergestina.

Ho finito, non mi resta che augurarvi buon viaggio e buon divertimento!
Trieste vi aspetta!

ATTENZIONE: si rischia di lasciarci il cuore!!!

E come tutte le città o qualsiasi altro luogo geografico anche Trieste offre i suoi vantaggi e svantaggi, tra cui la presenza della bora, ma se non ci fosse non sarebbe lei!

Dedicata alla mia cara amica triestina M. V.
PS: fatti viva! ^______^

sabato 23 agosto 2008

L'inglese più amato

L'idea di questo post è nato in seguito alla preparazione del primo esame d'inglese, il quale constava di due parti, una scritta e l'altra orale. Tutt'e due piuttosto impegnative e parecchio oltre il livello medio-basso che tanto conclamavano nel programma! Ma questo è argomento che esula da ciò che ho intenzione di esporre, in quanto sono qui per illustrarvi Dickens e il suo straordinario talento.
Il programma d'esame prescriveva due opere di questo autore, di cui ho letto quasi tutto: A TALE OF TWO CITIES (le due città) e, naturalmente, DAVID COPPERFIELD (Ed. Pinguin Book). Così, approfittando dell'obbligo universitario, ho rinfrescato la memoria col suo romanzo più autobiografico e mi sono sentita spinta a scrivere una recensione sul mio scrittore inglese preferito. Ed eccola qui.

Nell'introduzione a DAVID COPPERFIELD, dell'edizione in esame, è spiegato che Dickens scrisse sul suo romanzo, tempo dopo:
"
Of all of my books, I like this best. Like many fond parents, I have in my heart of hearts a favourite child. And his name is David Copperfield".
E lo crediamo bene che Dickens fosse più affezionato a quest'opera e che, nel cuore del suo cuore, c'era un posticino speciale riservato al suo bambino preferito: David Copperfield, appunto!

Come lui, Charles aveva avuto un'infanzia infelice e difficile, che aveva ampiamente descritto in quella, simile alla sua creatura David, compreso il dover lasciare la scuola, dove riusciva bene, per mettersi a lavorare in una fabbrica, ancor bambino, per aiutare la baracca familiare, dopo che il padre finì in carcere per debiti.
Ma di questo c
i occuperemo in seguito.
DAVID COPPERFIELD però fu pubblicato come romanzo non come autobiografia. Dickens non aveva intenzione, né fu mai suo desiderio l'essere identificato nel protagonista, dai contemporanei, avendo le sue buone e
dolorose ragioni. Ci aveva messo tutto sé stesso per cancellare la macchia del suo umiliante passato, che i lettori, secondo la biografia del 1945, di Una Pope-Hennessy, non ebbero mai la minima idea di trovarsi davanti a un racconto in gran parte autobiografico (p. 342).
La confessione dell'autore di aver inserito molti aneddoti autobiografici, Dickens la fece solo ad una persona, non all'intero pubblico.
La triste vicenda giovanile, pur così liricamente rievocata sotto forma artistica, non può farci, però, trascurare di prendere in considerazione un'analisi più approfondita delle miserie giovanili del romanziere inglese, per giungere all'essenza
e al significato più reconditi della sua poetica, cioè accertarci in quale modo egli trasformasse la realtà e quali i motivi che determinarono il costruirsi del suo mondo estetico; quale, in sintesi, fu il mondo sentimentale e fantastico di Dickens.
In questo grande scrittore il s
enso d'ingiustizia, della disparità di ceto, di beni e di fortuna, era insito sin da prima che affrontasse le dolorose esperienze giovanili, per renderlo consapevole della crudeltà che c'è chi nasce con la camicia già infilata, chi, invece, deve addirittura procurarsela; così come era consapevole, fin da bambino, del fatto che, spesso, grazie a questa disparità, esisteva un rapporto di dipendenza da superiore ad inferiore. La nonna paterna, abbozzata nella figura di Mrs Rouncewell di BLEAK HOUSE (casa desolata), si era sposata con un servo, più tardi promosso a maggiordomo, nella casa di un deputato del Parlamento, John Crewe. Vedova, la donna era rimasta per altri 35 anni a servire nella stessa casa, avendo due figli maschi da mantenere, William e John, padre del romanziere.
Sarà proprio grazie all'intervento di Crewe che John Dickens rientrò a lavorare presso l'ufficio paga della Marina, dove conobbe Thomas Ba
rrow, suo collega di lavoro, con cui entrò a tal punto in amicizia, da sposarne, qualche tempo dopo, la sorella Elizabeth.
I Barrow non videro mai di buon occhio quest' unione, nonostante avessero acconsentito al matrimonio, convinti com'erano della loro presunta superiorità sociale, rispetto ai Dickens.

Il padre di Elizabeth, Charles, in effetti, era un funzionario statale di grado piuttosto elevato, il quale non impedì che si procedesse, contro di lui, per peculato, due anni dopo il matrimonio dei genitori del nostro romanziere, nel 1811.
Neanche questo rovescio morale e finanziario servì ad abbassare le arie e la presunzione dei Barrow di vecchia generazione, nei confronti del marito di Elizabeth, sebbene Charles Barrow stesso, per la vergogna, lasciò l'Inghilterra
Delineato lo sfondo sociale della famiglia Dickens-Barrow, pre-arriv
o di Charles, mi sembra ovvio procedere, ora, con la vera e propria bio-bibliografia del più grande romanziere inglese dell'800 e mio preferito, sin da bambina.

CHARLES
Secondo di otto figli, due dei quali morti da bambini, nacque a Portsea, presso Portsmouth, il 7 febbraio 1812, perché il padre, tra le sue peregrinazioni lavorative, era stato trasferito lì. I pellegrinaggi continuarono: nel 1814, a Londra e, successivamente, a Chatham, nel 18
17, nella quale sede, a causa delle ristrettezze economiche, sempre più forti, la famiglia dovette trasferirsi, piuttosto spesso, da una casa all'altra, per andare incontro a situazioni il meno dispendiose possibile.
Nel 1822, da Chatham, i Dickens furono costretti, ancora una volta, a tornare a Londra, mentre la fervida fantasia del piccolo Charles iniziava sicuramente a popolarsi di paesaggi campestri e di esperienze di vita vissuta nei quartieri urbani e suburbani che, anni dopo, inserirà, per la gioia di noi lettori, nelle sue opere.
La prima formazione culturale di Charles bambino avvenne, quindi, gr
azie ai romanzi, in edizione economica, che suo padre John raccoglieva dove gli capitava.
Poco robusto di costi
tuzione, anzi anche malaticcio, Charles non prendeva parte ai giochi con i coetanei, preferendo a questi la compagnia dei libri dilettandosi per ore intere a leggere i romanzi di Tobias Smollett e di Henry Fielding, IL CURATO DI WAKEFIELD, di Oliver Goldsmith, ROBINSON CRUSOE di Defoe, LE MILLE E UNA NOTTE, il DON CHISCIOTTE, il GIL BLAS, gli articoli del Tatler (Il Chiacchierone) e dell'Observer, di Joseph Addison e Robert Steele, le farse raccolte da Mrs Inchbald e tutto ciò che gli capitava tra le mani. Non a caso, più tardi ricorderà con affetto nel DAVID COPPERFIELD, la gloriosa schiera, che gli tenne compagnia negli anni di già disagiate condizioni economiche familiari, ma sereni e ancora lontani dal tormento che accompagnerà i Dickens nel mare di debiti in cui sprofonderanno successivamente.
Quando la famiglia viveva ancora a Chatham, Charles e la sorella maggiore, Fanny, ebbero un pastore battista per maestro, padre William Giles, che per primo riconobbe le eccellenti attitudini del suo piccolo allievo, per cui pensò bene di plasmarlo indicandogli il senso della forma nelle prose di Goldsmith. E quando John Dickens fu costretto a tornare, con famiglia, a lavorare a Londra, il piccolo Charles rimase ancora per un po' nella scuola di padre Giles, come convittore.

PRIMAVERA 1823
Charles raggiunse la famiglia, ormai in pianta stabile a Londra, nel quartiere suburbano di Camden Town, apparso spesso nei suoi romanzi. Quando giunse il momento della separazione del piccolo Charles dal beneamato maestro, William Giles, quest'ultimo gli donò una rara raccolta completa di un minuscolo periodico "The Bee" (l'ape), di Oliver Goldsmith, pubblicato nel 1759, per alcune settimane soltanto. Ed è probabile che, proprio grazie a quest'omaggio, nel p
iccolo Charles, nacque la passione per la stampa periodica, che lo portò, molti anni dopo, a pubblicare l'Household Words (parole familiari) e All the Year Round (per tutto l'anno).
Da questo periodo, vissuto a Camden Town, iniziò il vero e proprio travaglio psico-fisico del piccolo Charles, che sperava di esser reintrodotto a scuola, invece di essere destinato a sbrigare le faccende domestiche, contemporaneamente all'aggravarsi delle condizioni
economiche familiari.
La sorella maggior
e, Fanny, invece, grazie all'intercessione di un amico di famiglia, riuscì ad inserirsi in una scuola di musica, in cui restò ben quattro anni.
Uno tra i primi amari episodi fu l'inziativa, destinata a cadere nel vuoto, di Mrs Dickens: creare una scuola per bambine.
Il volantinagg
io, quartiere per quartiere, avvenne per mano dei piccoli Dickens, mediante un annuncio depositato nelle cassette della posta.
L'iniziativa, come già detto, cadde nel nulla, ma più tardi, quando ormai Charles era divenuto ricco e famoso, la rispolverò creando il "Pensionato p
er Signorine diretto da Mrs Micawber", nel DAVID COPPERFIELD.
Nella figura di Mrs Micawber, infatti, Dickens ombreggiava i tratti di sua madre, donna dal cuore d'oro, ma un po' vacua e incosciente, la quale, pur proveniente da una famiglia agiata, si era data anima e corpo ad un uomo (Mr Micawber), pur d'ottima pasta, ma pessimo amministratore finanziario, esattamente c
ome lo stesso padre del romanziere.
Della mamma di Charles, Elizabeth Barrow, c'è da ricordare, però, tanto per scandagliare un po' la sua formazione culturale, che fu la prima vera maestra, poiché gli insegnò perfino i rudimenti del latino.

La situazione, intanto, continuava a precipitare sempre più.
John Dickens ignorava, anzi predicava bene e razzolava male, proprio come la sua proiezione romanzata e acc
umulava debiti su debiti in una beata incoscienza, facendosi inviare la merce comperata presso il suo domicilio, godendosela, poi, a suo agio, finché la situazione non raggiunse il culmine con l'incarcerazione per insolvenza di debiti, com'era legge a quel tempo in Inghilterra.
Gli stessi libri che il piccolo Charles aveva amato tanto, che aveva conservato gelosamente nella sua soffitta, furono tra gli oggetti che egli stesso portò a vendere (che strazio! Se fossi costretta a vendere i miei, per me sarebbe la fine!)
Fu in questo triste contesto che un amico di famiglia propose ai genitori del piccolo bibliofilo, la malaugurata idea di interessarsi, per trovare un impiego al bambino. E la scelta del salvatore non andò molto lontano, perché ricadde sulla fabbrica di lucido da scarpe di un suo cugino, facendo apparire la cosa come una manna giunta a rimettere, se non del tutto a posto la situazione, almeno a tamponarla.

Ma quella che agli altri sembrò una promettente novità fu, per Charles, solo e sempre veleno!
Il giorno in cui compiva, senza festeggiare, il suo dodicesimo compleanno, il 7-2-1824, nel povero letterato in erba, dileguò completamente la speranza di tornare di tornare a scuola, già ferito dal trattamento, molto discutibile, tenuto nei suoi confronti, rispetto alla sorella. La ferita più grande che portò per sempre nel cuore e rivelò apertamente in molti dei suoi romanzi, fu l'indifferente incomprensione dei genitori, i quali gioirono, invece, all'arrivo della notizia, poiché vedevano il loro figlio, come una fonte di reddito che avrebbe alleviato la loro sofferenza. A lui non chiesero nemmeno cosa ne pensasse e se fosse contento di andare a lavorare!
Nonostante tutto, però, pochi giorni dopo l'assunzione del ragazzino nella fabbrica, John Dickens fu arrestato e rinchiuso, per debiti insoluti, nella tetra prigione di Marshall Sea, descritta molto dettagliatamente, più tardi, in romanzi come IL CIRCOLO PICKWICK, ma soprattutto ne LA PICCOLA D
ORRIT.
In capo a pochi mesi, dunque, il destino si rovesciò da solo: la nonna materna di Charles morì lasciando alla nipote Elizabeth, un'eredità di 250 £, che per
misero a John di pagare i debiti, uscire dallo squallore di Marshall Sea e di restare anche in discrete condizioni, alimentando le speranze del ragazzino di mollare l'odiato lavoro per tornare a scuola in mezzo agli amati libri.
In quel momento, tra l'altro, era occorsa anche in una lite con l'amico di famiglia, la quale aveva f
atto scattare, in John, il dispetto di togliere Charles dalla fabbrica per rimandarlo a scuola. Ma Elizabeth, oppostasi fermamente, si recò perfino di persona in fabbrica, per risanare la situazione…riuscendoci. Questo episodio di dissidio, fu quello che scavò maggiormente un solco nell'animo del già ferito Charles! Come poteva- chiedeva a sé stesso - sua madre essere così indifferente nei confronti di un figlio ancora così giovane? Preferire che lui continuasse ad impacchettare barattoli di lucido da scarpe, invece, che saperlo a scuola?
Per fortuna il genitore, questa volta, fu irremovibile e introdusse il ragazzo in una scuola dal titolo più pomposo che sostanzioso: " Accademia Classica e Commerciale", diretta da un certo Mr Jones.
Lì Charles vi rimase due anni, periodo durante cui potè riacquisire un po' delle nozioni perse, per acquistarne altre fondamentali. Ma è certo che il bagaglio pregresso di gioia e sofferenze, l'abisso che separa chi ha, da chi non ha, abbiano agito profondamente sull'animo già provato del giovane Charles, sicuramente più di quanto potettero fare
il latino o la matematica, la storia o la musica dell'"Accademia" di Mr Jones.
Le fantasie infantili, nutrite dagli eventi della vita che si succedettero, modellarono il futuro scrit
tore in modo tale, da non farlo divenire mai un uomo di cultura, né tanto meno preannunciavano un destino da intellettuale. Infatti, quando ebbe occasione, prese tranquillamente in giro latinisti e lessicografi, tutti sovraccarichi di orpelli e pedanterie ritenute francamente superflue. La struttura mentale del Dickens romanziere è considerata, di fatti, dalla critica, concretamente intuitiva. Se si cerca di distinguere in lui, l'uomo dal riformatore, il riformatore dall'artista e l'artista dal creatore, siamo portati a credere che, se Dickens avesse vissuto, in gioventù altre esperienze, avrebbe forse adottato atteggiamenti meno esibizionisti e vanagloriosi; gli stessi eccessi del suo lato riformatore sarebbero stati sicuramente meno drastici quando denunciava la solenne condanna delle innumerevoli piaghe sociali, pur riflettendo tanta nostalgia verso gli agi e i privilegi di coloro che possedevano di più, tra cui finì col beneplacito generale, egli stesso. Se il Dickens artista fosse stato però più consapevole dei mezzi che aveva a disposizione e del grande potere insito nell'uso di questi, forse avrebbe affrontato temi diversi nei suoi libri, ma le supreme qualità creative sarebbero, senza dubbio, rimaste immutate e sotto il suo obiettivo attento e dissacratore, a cui non sfuggiva alcun particolare, non avrebbero potuto, in sostanza, mutare; perché vicende umane e qualità innate, in Dickens, non ebbero mai difficoltà a trovare un punto d'incontro, felice e dai risultati invidiabili.
Ad ogni modo, la tetra infanzia di Charles raggiunse il suo apice nella triste vicenda del tentativo materno di farlo restare nella fabbrica di lucido da scarpe, creando, irreparabilmente, quella che lo psicoanalista svizzero junghiano, Peter Schellenbaum, ha brillantemente definito "la ferita dei non amati", nel suo omonimo libro. Infatti, più tardi, Dickens ammise, nella biografia di Foster, "The life of Charles Dickens" (1872-74), che non dimenticò mai ciò che fece la madre, pur di rimandarlo a lavoro, rappresentandola, a seconda di come lui la vedeva, nelle vesti poco rispettose di Mrs Nickleby, la quale, dal canto suo, non si riconobbe mai nella sua proiezione letteraria, ridendo perfino di cuore degli sconclusionati discorsi che questa donna pronunciava nel libro (da leggere assolutamente!).
Stessa sorte subì il padre John, riprodotto sotto il personaggio bizzarro di Mr Micawber
, così come fu, nuovamente, per la madre, nelle vesti della moglie di quest'ultimo.
Ma torniamo alla fanciullezza del Nostro.
Una volta vinta, da John Dickens, la battaglia di rimandare il figlio a scuol
a, il giovane Charles potè finalmente reinserirsi in una dimensione a lui più congeniale, pur se ancora ben lontana dalla meta cui aspirava, in modo quasi inconsapevole. Pertanto, fece da assistente in uno studio legale, mentre apprendeva la stenografia, cosa che lo fece divenire, ben presto, lo stenografo parlamentare più veloce d'Inghilterra, addetto ad un quotidiano minore, The True Sun (il vero sole) e, in seguito, al più importante Morning Chronicle (cronaca del mattino).
Nonostante il brillante inizio di questa promettente carriera giornalistica, il giovane Charles mirava più in alto, e non a torto, direi!
Con l'ambizione artistica venne a galla anche una nuova inclinazione, ma amorosa, verso Maria Beadnell, figlia di un banchiere, ma con un cervello da gallina, che lo rese, inizialmente, pazzo d'amore per poi piantarlo in asso in modo improvviso e imprevisto.

Sicuramente in questo secco addio ci fu lo zampino della disparità dei ceti di provenienza. Questa innamorata senza cervello fu, nonostante tutto, pianta a lungo dal romanziere che si vendicò celebrandola nella figura della sciocca Dora, la prima fatua moglie di David Copperfield, "la moglie bambina", tanto per intenderci.
Vent'anni dopo la Beadnell, diventata già Mrs Winter, tornò a galla pretendendo di riallacciare i
l romanzetto giovanile da dove lo aveva lasciato, mentre il romanziere, ormai famoso, si difese in tutti i modi dagli approcci amorosi della donna, così insopportabilmente vuota e ciarliera.
La vendetta letteraria di Dickens, nei confronti di Maria Beadnell, si fissò, in modo indelebile, nell'enorme stupidità di Flora della PICCOLA DORRIT. Tuttavia, Dickens serbò sempre intatto il ricordo giovanile dell'antica e imprevedibile innamorata, che lo aveva costretto a vagare per Londra, sin dalle
prime ore del mattino a causa del suo penar d'amore. E questo, chi ha letto David Copperfield, lo potrà chiaramente ritrovare nella cura e nel rispetto che ebbe David, sino alla fine, verso Dora, a cui donò perfino, in punto di morte, un'insospettata saggezza, quando le fa dire di essere conscia della sua graziosa irresponsabilità e che David avrebbe meritato una donna più matura e saggia di lei.

FINALMENTE SCRITTORE!
Il cuore infranto di Charles non si dimostrò poi così ferito, da dis
toglierlo al punto di tralasciare l'amato mondo delle lettere, se una famosa sera dell'autunno 1833, un giovane stenografo spediva al Monthly Magazine alcuni manoscritti, riportanti il racconto MR MINNS E SUO CUGINO, incluso, tre anni più tardi, nei BOZZETTI DI BOZ e, in origine intitolato UN PRANZO A POPLAR WALK.
Qualche se
ttimana dopo, il cuore del giovane Dickens avrà sicuramente rischiato di spaccarsi per la gioia intensa provata al veder pubblicato il suo racconto sulla rivista, ma in forma anonima, non avendolo firmato al momento della spedizione.
Vedere stampato il suo primo tentativo letterario, raccontò lo scrittore a tempo debito, lo riempì di gioia e di orgoglio, tanto che per l'emozione, avendo gli occhi velati di lacrime, dovette riparare nella cattedrale di Westminster, dove camminò su e giù inquieto, non sentendosi in grado di comparire in strada e mostrarsi a tutti.

A quel racconto ne seguirono altri, sempre sul Monthly Magazine, poi sul Morning Chronicle e ancora sull'Evening Chronicle (il giornale della sera) e vari altri.
Immaginate quali orizzonti si splancavano per la prima volta al novello scrittore, a cui si aggiungeva l'allietante prospettiva di migliori condizioni economiche.
Queste rosee
e inaspettate prospettive gli fecero compiere la sua prima azione impulsiva, di cui, anni dopo, ovviamente si pentì: corteggiare, con l'intento di sposarla, una delle figlie di George Hogarth, il redattore capo dell'Evening Chronicle.
Hogarth aveva quattro figlie: Kate (Catherine), la maggiore di 19 anni, Mary di 15, Georgina di 7 ed Helen di 3. La scelta cadde sulla maggiore Ka
te, e con l'impulsività che lo caratterizzava la sposò il 2-4-1836.
Qualche mese dopo il matrimonio, tutti gli scritti pubblicati negli anni precedenti sui periodici furono inclusi in un unico volume -il primo di Charles-, intitolato SKETCH BY BOZ (Bozzetti di Boz), derivato dal nomignolo Moses che lo scrittore aveva dato al fratello minore, Augustus, in ricordo del "Vicario di Wakefield", (poiché, il piccolo Augustus, parlando col naso, lo storpiava in un suono simile a boz).
La fama non si fece attendere. A SKETCH BY BOZ seguì IL CIRCOLO PICKWICK, il quale dall'iniziale prima puntata a tiratura 400 copie, salì, in men che non si dica, a 40.000 della quindicesima. Se prima era stata la fama a raggiungere il giovane Dickens, questa volta fu addirittura travolto dalla gloria! La costante fortuna letteraria, da quel momento, non verrà mai meno e lo scrittore vivrà letteralmente in simbiosi col mondo creato dalla sua mente e riprodotto sulla carta stampata. Romanzi, racconti, diari di viaggio e articoli vari pubblicati poi in Household W
orld e All The Year Round, rappresentano la vasta e varia produzione letteraria di Charles Dickens.
Pochi eventi influirono sulla vita del romanziere, ma incisero a tal punto da
formare il substrato del suo mondo narrativo, (Carlo Izzo).
Tutti quelli già elencati tranne uno e imprevisto: la morte della giovanissima cognata Mary, secondogenita di George Hogarth, suo suocero, che lo colpì come una pugnalata al cuore, tanto da indurlo ad immortalare la ragazza scomparsa, in tutte le figure delle giovinette pure e innocenti descritte nei suoi romanzi, in particolare in una, la giovane e delicata Nell de OLD ANTIQUARY'S SHOP (la bottega dell'antiquario), oltre che del piccolo Paul di DOMBEY & SON (Dombey e Figlio). E Dickens, in segno di perenne ricordo del dolore provato alla perdita della cognata, portò per sempre al dito l'anello che le sfilò sul letto di morte.

Ho accennato poco fa, alla produzione letteraria di questo grande romanziere inglese, il quale non si limitò solo a stendere romanzi o racconti, ma a
nche diari di viaggio. Risale, infatti, al 1842 il primo viaggio di Dickens in America, ritenuta davvero il paese della libertà, la terra promessa dov'erano stati applicati alla lettera i principi della rivoluzione francese. Ormai avvolto strettamente nelle braccia della celebrità, Dickens attraversò l'Atlantico, in preda alla sua solita impulsività che lo fece ritrovare di fronte ad una delle più cocenti delusioni mai subite in vita sua. Non aveva mai preso in considerazione la schiavitù dei negri e le loro disumane condizioni di vita, né che la mentalità americana potesse essere tutto fuorché quello che si paventava, cioè lontanissima dal concetto di democrazia che egli si era formato. Inoltre, gli ospiti americani che lo avevano accolto, inizialmente con entusiasmo, gli si rivoltarono contro a causa del suo indispettimento contro l'usanza editoriale delle sue pubblicazioni pirata, le quali, spesso, riportavano fedelmente libri di autori inglesi senza pagare a questi ultimi neanche una minima quota dei diritti d'autore.
Il viaggio in cui Dickens aveva posto tante speranze, si concluse nel peggiore dei modi. A questo vissuto sconvolgente, fece seguito la pubblicazio
ne di AMERICAN NOTES e, un anno dopo, del romanzo MARTIN CHUZZLEWITZ, una cui parte è appunto ambientata in America, naturalmente descritta in termini poco lusinghieri.
Passeran
no molti anni prima che lo scrittore si ricreda, ma solo in parte, sull'opinione che si era formato degli inglesi d'America.
Una novità però s'infiltr
ò nella vita privata di Dickens, al ritorno dall'America: la presenza, sempre più insistente, della cognata Georgina, la quale divenne, a poco a poco, la più importante della casa, fino a soppiantare quasi del tutto la legittima moglie dello scrittore, sua sorella Kate, nelle apparizioni in pubblico. Era chiaro il disappunto di Dickens nel rendersi conto di aver sposato, tra le quattro sorelle Hogarth, quella meno corrispondente ai suoi gusti. Né si può ritenere padre esemplare se, alla nascita del decimo figlio (sette maschi e tre femmine) scrisse, senza alcun ritegno: "Mia moglie mi ha regalato il numero 10. Avrei fatto volentieri a meno dell'omaggio. Oppure: Ho una mezza idea di pregare il vescovo di Londra di far celebrare una funzione a St. Paul, al fine di impetrare che si consideri io abbia fatto abbastanza per accrescere la popolazione del mio paese"
Infine, ad un amico divenuto finalmente padre, ebbe il coraggio di dire: "Non ti faccio congratulazioni, perché non tollero di ricevere congratulazioni quando nasce un figlio a me".Dei suoi sette figli maschi, uno finì in Australia e un altro morì di febbre perniciosa, contratta in India, durante il viaggio per mare verso l'Europa.
Dickens rappresentava il caso modello della legge morale del suo tempo: predicare bene e razzolare a pr
oprio favore!
Per quanto riguarda altri viaggi compiuti dallo scrittore e riportati in altrettanti diari, c'è da ricordare quello in Europa del 1844. Per la prima volta sul vecchio continente, Dickens visitò l'Italia settentrionale, stabilendosi per brevi periodi perfino a Genova, a Roma, a Napoli e a Firenze, città in cui si trovava la più folta comunità britannica d'Italia.
Dalla permanenza nelle città italiane nacque PICTURES FROM ITALY, nelle quali impressioni risulta più evidente l'interesse che stuzzicò il pa
norama umano, che quello storico-artistico che caratterizzava i luoghi visitati. A detta della critica, a Dickens mancava completamente il senso della storia: lo dimostrano i due romanzi storici BARNABY ROUDGE e A TALE OF TWO CITIES (le due città).

LE DUE PASSIONI
Sin dalla prima gioventù Dickens aveva nutrito due grandi passioni: il teatro e la stampa periodica. E, di ritorno dal viaggio europeo, si mise all'opera per realizzare entrambe. Po
co mancò, infatti, che divenisse attore, grazie alla partecipazione a rappresentazioni di beneficenza, ad una delle quali assistette perfino la regina Vittoria; mentre, per quanto riguarda la stampa periodica, il 30-3-1849, presentò il primo numero di Household Words, la rivista che egli stesso fondò e su cui pubblicò a puntate "Cranford" di Elizabeth Gaskell, uno dei migliori romanzi, dell'800 inglese. Ma nel 1859, dopo un'incresciosa vicenda giudiziaria con i soci della rivista, ne fondò un'altra All The Year Round.
Arricchitosi ed imborghesitosi, ormai, Dickens aveva imparato bene la lezione: difendere i propri interessi era la cosa principale.
Un'altra delle sue genialate, nel 1853, fu la mania di leggere in pubblico episodi selezionati dai suoi romanzi, aspetto che soddisfaceva il suo antico amore per il teatro drammatico.
Da un primo isolato episodio, iniziò una lunga serie di apparizioni analoghe, che contribuirono, di sicuro, ad accorciare la vita dello scrittore per trasformarla in dicitore.
Nello stesso anno intraprese un nuovo viaggio sul vecchio continente, in compagnia dell'amico scrittore Wilkie Collins, col quale scrisse, più tardi, THE LAZY TOUR OF TWO IDLE APPRENTICES (pigro viaggio di due apprendisti oziosi), sulle impressioni
del nord dell'Inghilterra.
Da quando, nel 1853, iniziò quasi casualmente, a leggere in pu
bblico brani dei suoi romanzi, divenne da allora, la principale attività di Dickens, a cui si accompagnava un'ingiustificata sete di guadagno, poiché coi proventi dei suoi libri, era riuscito perfino ad acquistare una favolosa villa nei pressi di Londra, che sognava di possedere sin da bambino, Gad's Hill Place, -ora divenuta un esclusivo collegio femminile-.
Tornando alle letture c'è da sottolineare la smodata preferenza di Dickens dell'episodio, tratto da OLIVER TWIST, in cui è perpetrato l'omicidio di Nancy. Le letture in pubblico, stando alle testimonianze giunteci, sembra provocassero entusiasmo tra la gente. Si narra di donne in preda a svenimenti, uomini che gemevano in coro per l'orrore e la tensione di fronte all'ascolto di efferati delitti come il suddetto. Fat
to sta, però, che pur se sicuramente dotato a livello recitativo, Dickens è un caso unico di genio spontaneo, dai gusti eccentrici e dallo scarso livello culturale, mai rimaneggiato successivamente.

LA SEPARAZIONE
L'ultima fase della vita dello scrittore inglese è caratterizzata da un evento che era già nell'aria da un bel po': la separazione dalla moglie Kate, compagna che Dickens non aveva mai trovato adatta a lui.
L'ipocrisia vittoriana che regnava in quell'epoca velò lo scandalo dietro a paraventi moralistici, espedienti inutili in un caso come quello. Eventi tali che lo indussero a scrivere un'infelice autodifesa, su ciò che si mormorava su Household Words.
La cognata Georgina, naturalmente, prese pubblicamente le sue difese, comparendo sempre al suo fia
nco anche dopo la separazione. Perfino quando Dickens s'innamorò di Ellen Ternan, una giovanissima attrice, Georgina tollerò, se non addirittura favorì, questa sua inclinazione.
La prepotente vitalità di Dickens portò a immortalare la Ternan nel personaggio di Bella Wilfer, protagonista femminile di OUR MUTUAL FRIEND (il nostro comune amico), bella e fatua, la quale a metà romanzo farà ricredere il lettore sulla sua antipatica superficialità, lasciando scoprire di sé un'insospettata profondità.

Gli ultimi anni di vita del romanziere furono caratterizzati da un'attività frenetica di letture pubb
liche che lo lasciavano stremato e minavano seriamente la sua salute, essendo ormai anziano.
Il 9-6-1865, Dickens e la sua nuova fiamma, Ellen Ternan, durante un viaggio furono vittime di un incidente ferroviario dal quale, pur uscendone illesi, i nervi del romanziere subirono una scossa profonda.
Nonostante tutto, però, la febbre di lavoro che lo divorava, lo riportò in America, nel 1867, per un nuovo ciclo di letture, che gli riservò un ritorno trionfante. Sui vecchi dissapori era stata messa una pietra sopra; così Dickens riconobbe che molte cose, nel frattempo erano migliorate; mentre s'impegnava ad aggiungere alle sue AMERICAN NOTES e a MAR
TIN CHUZZLEWITZ, una nota di ritrattazione alle precedenti tesi del 1842, nelle quali criticava aspramente il costume politico americano, oltre ad accusare gli americani di vanagloria e mentalità scarsamente commerciale.
Al suo rientro in Gran Bretagna, Dickens proseguì la sua attività a livelli vertiginosi, congedandosi dal pubblico solo il 1-3-1870, conscio di non godere più di buona salute e di non essere più in grado di proseguire con quei ritmi.
Nell'aprile dello stesso anno, tornato al suo primo amore, pubblicò la prima puntata di EDW
IN DROOD, l'ultimo romanzo rimasto incompiuto, appartenente ad un genere a lui non estraneo (vedi BLEAK HOUSE, Casa Desolata), il giallo o poliziesco sul cui finale si continua a scommettere, poiché la soluzione giace nella tomba con chi la ideò.
Charles Dickens morì improvvisamente l'8-6-1870, dopo aver lavorato per tutto il giorno al romanzo, quando nessun indizio lasciava presagire la fine imminente. Fu riportato che, durante il pranzo, il romanziere si alzò improvvisamente per annunciare che si sarebbe recato a Londra immediatamente. Ma non riuscì a spiegarne la ragione, perché un attimo dopo crollò a terra a causa di un'emorragia cerebrale.
Pur contornato dall'affetto delle sue donne, Ellen Ternan, Georgina e Kate Hogarth, Dickens non
riprese più conoscenza e il giorno successivo, il 9-6-1870, spirò. Anzi, la notizia della sua morte, fu per tutti come aver appreso un lutto di famiglia, anche se risentirono di più i bambini che si possono rappresentare nella domanda che fece uno di loro, all'epoca, con le lacrime agli occhi: E' morto Dickens? Allora morirà anche Babbo Natale!. Il romanziere è infatti conosciuto dai bambini soprattutto per la famosa raccolta dei canti di Natale.
Il 14-6 fu sepolto nell'Abbazia di Westminster, sacrario al pari della nostra S. Croce di Firenze, dei maggiori poeti e scrittori britannici, tra cui Shakespeare, Marlow, John
son, James, Tennyson, Thomas, Byron,Kipling e Jane Austen.

CONCLUS
IONI
Sia nella pri
ma casa di Dickens, nella Londra bene dell'800 vittoriano, sita a Camden, in Doughty Street, 48, che a Westminster io ci sono stata…non potevo perdermi la gioia e l'emozione di vedere le stanze della sua elegante casa a tre piani, il salotto dove riceveva gli amici letterati in compagnia della moglie; il suo privè, la sua stupenda biblioteca, con i suoi manoscritti e le edizioni autentiche dei suoi romanzi. Perfino la lavanderia, nel seminterrato, ha mosso in me qualcosa che va oltre la semplice ammirazione per questo geniale scrittore "ignorante".
Vedere dove ha vissuto, ideato e steso i suoi romanzi, con le stampe dei personaggi appese lungo le pareti, vi assicuro, dà una vera e propria scossa emotiva. Non parliamo poi della sensazione, a dir poco, devastante che si prova di fronte all
a sua tomba, ammesso che sia un autore ammirato! Sapere che lì dietro a quella lastra di marmo c'è il tuo scrittore preferito… non si può descrivere. Né si può descrivere la sensazione che dà il sapere che in un luogo come Westminster siano concentrati tutti i massimi esponenti della letteratura britannica (ci sono anche Geoffrey Chaucer e Walter Scott), unita alla consapevolezza che lì, proprio lì, giacciono le prime due regine inglesi, le sorelle Tudor, Maria I, la sanguinaria ed Elisabetta I, la grande, la "regina vergine", personaggio che conoscete già e che, chi mi segue, sa quanto ammiro, l'una di fianco all'altra.
La ciliegina sulla torta sarebbe stato avere anche lì anche Enrico VIII e la regina Vittoria, ma sono entrambi sepolti, rispettivamente vicino ai propri coniugi (re Enrico è a dire il vero, vicino alla sua terza consorte, Jane Seymour, la madre del suo unico figlio maschio legittimo, il futuro Edoardo VI, a Windsor e mi rendo conto di pretendere tropp
o, anche se molti si staranno chiedendo il motivo di questa mia passione per dei morti stecchiti di tanti secoli fa!
Non lo so, rispon
do. E' una passione, questa, per la storia, la letteratura e la musica inglese che mi divora da quando ero bambina e conobbi i Beatles, pur essendosi ormai, allora, sciolti da quasi un decennio, né intende spegnersi!
Dickens, credetemi, è un autore da leggere anche perché non è pesante e noioso. E' brioso e commovente e vi riserverà in romanzi come DOMBEY & SON e BLEAK HOUSE, momenti di puro divertimento alternati ad altri di profonda commozione.
Leggetelo, amici, senza lasciarvi spaventare dalla mole dei suoi volumi, perché alla fine non vi accorgerete neanche di aver letto dei libri così lunghi, tanto sono piacevoli e scorrevoli nello stile.


This post is for my dear welsh friend, Alison,
my favourite teacher of English.
Love, Lena.