La “preistoria”
Sappiamo tutti che Elisabetta I era figlia di Enrico VIII e della sua seconda moglie, Anna Bolena, forse la più famosa tra le sei succedutesi, per la sua presunta pratica di magia bianca (era chiamata, infatti, "la strega") e per i suoi numerosi tradimenti a discapito del re, suo marito. Un marito che, dopo sei anni di corteggiamenti e un'altra ventina di matrimonio felice e voluto per amore, più che per interesse politico, con la principessa spagnola Caterina d'Aragona, figlia dei sovrani di Spagna, Isabella di Castiglia e Ferdinando d'Aragona (coloro che scacciarono i Mori dalla Spagna e che unificarono il paese com'è attualmente), non aveva esitato a romperlo perché invaghitosi di quella sottile e vulcanica ragazza, non particolarmente bella, ma dall'intelligenza e dalla cultura vivacissime.
Vissuta alla corte francese con sua sorella Maria, Anna Bolena, verso i 15-16 anni, fece ritorno in Inghilterra dove, dopo aver assistito alla relazione di sua sorella col re, approfittò della seconda gravidanza di quest'ultima, per mettersi in luce agli occhi del sovrano, già prostrato per la vana ricerca di un erede maschio mai arrivato. E Anna seppe mettersi così bene in luce, da tenere il futuro marito sulla corda per ben sei anni, prima di cedere, dopo averlo persuaso, però, a farsi sposare, e non certo prima di aver ripudiato la legittima moglie ormai, è il caso di dirlo, in avanzato stato di menopausa. Se non fosse stato perché lei era ormai incinta, forse Enrico non avrebbe precipitato le cose, così come fece, pur di impalmare quella ragazza sfrontata e ammaliante.
Prima di passare alla descrizione vera e propria di Elisabetta, è necessario però ricordare che, a causa di questo matrimonio e dell'esigenza di avere un erede maschio, Enrico VIII, vistosi negare dalla Chiesa Romana, a cui allora apparteneva ancora l'Inghilterra, l'annullamento del primo matrimonio, fondò la Chiesa Anglicana, sancendo con l'Atto di Supremazia, nel 1533, la sua superiorità sul Papa: Enrico si era, in pratica, autoproclamato capo dello stato e capo della chiesa, attuando il famoso Scisma Anglicano. Cosa unica al mondo, di quei tempi, pur essendoci già in giro, più o meno forti testimonianze di eresia. Questa levata di testa di re Enrico, però, fece un po' da modello trainante per tutti gli altri stati simpatizzanti il protestantesimo. Oltre a ciò bisogna aggiungere qualche altro particolare sul conto di Anna Bolena, soprannominata anche 'the wore', la puttana, perché si narra che la nuova regina avesse già amanti ben prima di legarsi al re e si mormorava che perfino Elisabetta non fosse figlia di Enrico. Addirittura si arrivò ad accusarla di praticare stregoneria e di far sesso con il proprio fratello, pur di avere un erede maschio da dare al re, visto che spesso era stata sentita vantarsi allegramente che ormai il marito non era più in grado di procreare per …impotenza. Se sia vero oppure no, non lo sapremo mai. Fatto sta però che, sia Anna Bolena, che la terza moglie, Jane Seymour, concepirono, così come concepirono diverse altre presunte amanti di Enrico VIII.
A causa di tali voci, quindi, e delle conseguenti accuse, comunque, Anna Bolena passò alla storia come la prima regina mandata al patibolo, dal marito, per alto tradimento coniugale e verso la persona del re.
La fortuna di Anna si era già esaurita con la nascita di Elisabetta, il 7 settembre 1533, la quale, per ironia della sorte, sarà l'unica figlia vivente, esattamente come nel caso della sfortunata Caterina d'Aragona, che la precedette.
L'imbarazzante neonata fu accolta con molte cerimonie e scarso amore dalla madre, che l'allontanò subito, non soffrendo minimamente per il distacco.
La piccola Elisabetta fu quindi affidata a una governante, lady Brian e mandata nel palazzo di Hatfield, nell'Hertfordshire, dove trascorrerà l'infanzia, mentre la sorellastra Maria, figlia di Caterina (la prima moglie), dopo essere stata dichiarata illegittima e, pertanto, privata del titolo di principessa, venne nominata sua dama d'onore, carica considerata, da quest'ultima, comprensibilmente umiliante.
Dopo altre tre gravidanze finite male, Anna Bolena, il 2 maggio 1536, venne arrestata e rinchiusa nella Torre con l'accusa di adulterio compiuto con cinque uomini contemporaneamente, tra cui il suo stesso fratello. Neanche questo sapremo mai se sia vero oppure no. Comunque sia, la Bolena, riconosciuta colpevole, fu decapitata il 19 maggio di quello stesso anno, all'età di 29 anni. Condanna a cui non scampò neanche il suo adorato fratello George.
Il giorno dopo, il 20 maggio, Enrico VIII sposò finalmente la dama di corte Jane Seymour, con cui aveva allacciato una relazione ormai stabile.
Nel gennaio dello stesso anno, intanto, era morta la sfortunata Caterina, la prima moglie, con grande esultanza della Bolena, allora incinta nuovamente. Ma proprio il giorno dei funerali la regina, allora in carica, partorì prematuramente un maschietto morto. Era l'ultimo tentativo per risollevare le sorti, ma, come la precedente, vide fallire miseramente i suoi castelli in aria.
Sarà solo la terza che darà il sospirato erede maschio a re Enrico, l'unico legittimo, perchè di bastardi maschi in giro, perfino nella corte stessa, ce n'erano fin troppi.
Edoardo VI soppianterà quindi anche la legittimità e l'ereditarietà di Elisabetta dichiarata, al pari di Maria, bastarda.
Elisabetta a quell'epoca aveva tre anni e se Maria soffriva a causa dell'età maggiore, la sorellastra non era ancora in grado di comprendere le sofferenze dell'orgoglio ferito; conoscerà invece le conseguenze dell'emarginazione. Venne, infatti, ridotto il bilancio concesso a lady Brian, già governante di Maria ed ora anche della bambina. Il cibo, si lamentava la gentildonna, era appena sufficiente a sfamare le due sorelle e gli abiti ad Elisabetta non venivano neanche riforniti, cosicché la bambina, in piena crescita, doveva arrabattarsi con i resti, ormai consunti, di un guardaroba un tempo lussuoso. Era una miseria, questa, voluta e predisposta per umiliare le due sorelle e a niente servirono le suppliche della dama affinché si rifornisse Elisabetta perfino di biancheria.
Forse sta in questo umiliante passato la causa delle debolezze che caratterizzeranno la personalità di Elisabetta, come l'inclinazione sfrenata per gli abiti sfarzosi ed elaborati di cui non volle mai privarsi. Alla sua morte, infatti, se ne contarono ben 3000, se non di più. Forse è qui l'origine di certi futuri comportamenti di Elisabetta regina: l'avarizia, la diffidenza, l'ansia e la capacità di attendere.
La negletta principessina, comunque, imparò presto l'arte del tacere, di dissimulare, di reprimere e di adattarsi alle circostanze senza rassegnarsi. Per non parlare poi del senso di sospetto, sempre vivo, che aleggiò perennemente nei confronti di tutti.
Dei genitori non si era mai fidata: sulla madre, che non aveva quasi conosciuto, imparò presto a non farsi domande. E del padre, che un giorno la esaltava e il giorno dopo la rinnegava? Pur non soffrendone, apparentemente, da piccola, Elisabetta non capiva la volubilità paterna, ma, da donna, si rese conto di aver incassato dei traumi che la portarono a precise evoluzioni successive.
E' strano parlare in termini così umani di una sovrana tanto lontana nel tempo (500 anni e più) e tanto grande e famosa come regina. Sembra quasi che questi personaggi, soprattutto se appartengono al passato, debbano essere quasi delle divinità o giù di lì, mentre, in realtà, sono state persone normalissime come tutti noi, solo nate in circostanze diverse. Comunque sia, degli anni precedenti all'incoronazione, sulla vita che la futura regina conduceva non si sa ancora molto. E' risaputo che a 4 anni Elisabetta fosse già una bambina seria e assennata e al battesimo del sospirato maschio di Enrico VIII, fu lei che resse i lembi battesimali dell'abito del principino Edoardo assolvendo, già con grande dignità, il suo primo incarico ufficiale nella cappella di Hampton Court. Era ancora così piccola e gracile fisicamente che fu condotta lì in braccio allo zio del battezzando, Edward Seymour.
Protrattosi ben oltre la mezzanotte la cerimonia, al ritorno dalla cappella venne dato un nuovo ordine e la piccola non fu più riportata a palazzo dal gentiluomo, ma tornò a piedi, al fianco della sorella maggiore.
La convivenza e la consapevolezza di essere entrambe vittime, ingiustamente, le univa nella disgrazia. Anzi, Maria , essendo tanti anni più grande, aveva di nuovo ottenuto la precedenza e pareva aver smussato i rancori verso la sorellina, nei confronti della quale sembrava provare sincero affetto, alternato a momenti di tenerezza. Sono testimoniati, infatti, i loro giochi a carte o le passeggiate sui prati di Hatfield, alle quali testimonianze si aggiungerà qualche lettera di Maria al padre in cui scriveva: “Mia sorella è una bambina per la quale, in avvenire, vostra Maestà avrà motivo di rallegrarsi”.
La loro emarginazione sembrò finire grazie alla felicità del re per aver ottenuto l'erede maschio, tanto da non sembrare troppo rattristato dalla morte della terza moglie, Jane, per complicazioni post-parto. Contemporaneamente alle esequie pubbliche, di fatti, fece svolgere intense ricerche, in Francia, per una nuova donzella da impalmare. Maria ed Elisabetta, pur essendo ancora marchiate come ‘reali bastarde’, furono riammesse a corte, dove, ogni tanto, godevano di qualche sporadica manifestazione di 'reale' affetto paterno, che si spingeva perfino a chiamarle, vezzeggiandole: “care bambine mie”. Non era molto, ma era già qualcosa.
Il legame più forte, però, Elisabetta lo intreccerà con Edoardo, più vicino per età e perché entrambi orfani di madre, oltre che occasionali compagni di gioco. Elisabetta, a quell' epoca, aveva un gran bisogno di giocare, essendo vissuta sempre tra adulti e libri. Studiare era, infatti, la sua principale attività. Da allora, le altre lezioni a cui verrà sottoposta, furono quelle di danza, ricamo, musica e altre arti tipicamente femminili di quei tempi.
Una nuova governante, Kate Champernowne, una brava ragazza di famiglia povera e onesta, che più tardi sposerà un cugino di Anna Bolena, John Ashley, da questo momento, l'accompagnerà per moltissimo tempo. La vita, ora, con questa simpatica governante al fianco sembrava davvero meno dura.
E il padre come passava i suoi giorni da vedovo?
Nei tre anni successivi la morte della terza moglie, Enrico VIII si diede da fare per trovare una nuova compagna, che, questa volta, pretendeva assolutamente bella. E' risaputo, infatti, che, in questo arco di tempo, l'artista preferito di sua maestà, Hans Holbein il giovane, attraversò più volte la Manica per ritrarre le principesche fanciulle candidate alla sua mano. In ogni miniatura che il pittore fiammingo riportava nell'isola, il sovrano ci trovava sempre un difetto: una era troppo alta, l'altra troppo magra, un'altra ancora aveva gli occhi troppo vicini…Finchè non giunse a progettare un rudimentale prototipo del concorso di Miss Europa: intendeva organizzare, in Inghilterra, una parata di nobildonne straniere, tra le quali però, promise, si impegnava a scegliere colei che più lo aggradava, come moglie.
Il re di Francia, di fronte ad una richiesta simile, si mostrò molto scandalizzato, soprattutto perché era da lui che il sovrano inglese pretendeva la maggiore collaborazione. Ma lo scandalo era più dovuto ad un particolare: re Enrico aveva raccomandato all'ambasciatore francese di riferire al suo re che le ragazze in concorso avrebbero dovuto sfilare nude davanti a lui, che intendeva giudicarle!
Naturalmente non fu concluso niente e si lasciò convincere da Cromwell che la più bella di tutte era la principessa di Cleves, la quale, a suo dire, era perfino più bella della prescelta di Enrico, Cristina, duchessa di Milano. Cromwell però non badava propriamente alla bellezza delle principesse, ma alla convenienza politica del Paese, perché, avvedutamente e da buon politico dal fiuto giusto, teneva ad assicurare al regno inglese una principessa imparentata con la più alta nobiltà tedesca. Così, dopo aver stipulato un vero e proprio contratto per il fidanzamento di Enrico VIII con una “zitellona pudibonda”, ritratta assurdamente come un'avvenente e prosperosa bellezza, sempre da Holbein, si celebrerà il matrimonio, che però Enrico non riuscì mai a consumare. Dai medici reali si seppe poi che il re non era impotente, ma nauseato dal corpo della regina, così disordinato (“disordered”) e controproducente (“indisposed”), da non stimolare alcun desiderio.
Pertanto, la quarta moglie restò illibata; il matrimonio sciolto e la regina ripudiata, con sua profonda gratitudine, vista la fine fatta dalle precedenti. La regina mal sopportava quell'omaccione che s'infilava tutte le sere nel suo letto, il quale, prendendole la mano le augurava con una smorfia sul viso la buonanotte e poi si girava dall'altra parte. Era, confidò a lady Rochfort, una dama di compagnia, solo un ingombrante accessorio del letto, nient'alto.
Intanto, Enrico meditava la vendetta contro Cromwell, che, nel luglio 1540, venne effettivamente decapitato per alto tradimento.
Tolto il cattivo consigliere di mezzo, al monarca inglese era tornato il desiderio di scegliersi da solo la prossima moglie. La sua scelta ricadrà, colmo dei colmi, su una cugina diciannovenne di Anna Bolena, Catherine Howard, definita dal monarca “una rosa senza spina” e, dalle testimonianze dell'epoca, sembra proprio che la ‘fortunata’ sia stata davvero una bellezza, da aver fatto perdere letteralmente la testa al re.
Elisabetta aveva all'epoca 7 anni e nella grande sala di Hampton Court, al banchetto ufficiale delle nozze, il padre le assegnò perfino un posto d'onore di fronte alla nuova regina.
Era già una bambina piena di contegno, mai udita lamentarsi quando, dall'esilio di Hatfield, veniva periodicamente chiamata a comparire alle feste familiari. Né ebbe il tempo di capire se nutriva simpatia o meno nei confronti della nuova matrigna, vista la velocità, simile ad una meteora (che prima o poi s'infrange), della presenza fugace della quarta regina nella vita di Elisabetta bambina. Tale fu infatti la durata della vita matrimoniale della coppia reale: nel 1542 la giovane Catherine Howard fu condannata alla decapitazione, come la cugina Anna, per adulterio.
Nel 1543, precocemente invecchiato, Enrico VIII si risposò per la sesta volta. Molto ingrassato e malato, scelse, questa volta, una tranquilla e ricca vedova trentenne, Catherine Parr, l'unica tra le matrigne, che prese a cuore davvero la situazione dei principini. Elisabetta, grazie alla Parr, potè recarsi spesso a corte, dove le assegnarono insegnanti di primordine, come John Checke per il greco e Roger Ascham per il latino. La bambina fu grata alla regina per questo e glielo dimostrò con doni molto personali, tipo una raccolta di preghiere inglesi tradotte in latino, francese e italiano. Era questa un'abitudine della giovane Elisabetta ormai consolidata all'epoca. Tutte le nozioni apprese in storia e geografia, testi biblici, mitologia e scienze era avvezza, per non perderle di memoria, a trascriverle traducendole nelle lingue vive e morte che le venivano insegnate. Questa straordinaria, intelligente e diligente abitudine, le permise, da regina, di dialogare personalmente con gli ambasciatori di altri paesi, senza avere il minimo bisogno di intermediari. Cosa insolita non tanto per una regina, ma soprattutto per una donna del ‘500.
La coscienziosa giovanetta finì così per amare più i libri che i giochi. In un dipinto conservato a Windsor, che la ritrae circa 12-13 anni, la principessa ha, di fatti, tra le mani un libro, un'aria seria e dignitosa che, se non fosse per la giovane età, la si potrebbe scambiare per un'adulta solitaria e infelice, con già un grosso bagaglio di esperienza alle spalle. E', si, vestita sontuosamente, come si conviene ad un'adolescente del suo rango, ma il viso pallido e serio non è certo quello di una ragazzina spensierata e viziata, oltre che istruita come un ragazzo.
Pur restando bollata come illegittima, l'Elisabetta del ritratto viveva, però, la vita privilegiata di principessa di sangue reale. Aveva, si, quel grosso buco di carenza affettiva dei primi anni di vita nel cuore, ma, tutto sommato, adesso, la vita che conduceva non risultava più così insopportabile: il padre, a riprese alterne, glielo dimostrava. Dalla matrigna, la regina Catherine, era trattata come una figlia e, cosa ancor più sentita, le erano vicini il fratello Edoardo e la governante ‘Cat’, 'gatta', come chiamava curiosamente la governante Katherine Ashely. E' questa un tendenza che caratterizzerà sempre Elisabetta: infatti, tutti, o quasi, coloro che le saranno più o meno vicini e godranno della sua fiducia, saranno fatti oggetto di paragoni e, quindi, soprannominati con un nome che sorgerà spontaneo sulle labbra della sovrana nei momenti più impensati.
Anche con la sorella Maria continuava ad avere un buon rapporto, testimoniato dal libro dei conti di quest'ultima, sul quale venivano annotati i frequenti regali fatti alla minore. Ed erano, questi doni, di valore come tessuti per abiti, collane, spille e una palla d'oro portaprofumi.
Sappiamo tutti che Elisabetta I era figlia di Enrico VIII e della sua seconda moglie, Anna Bolena, forse la più famosa tra le sei succedutesi, per la sua presunta pratica di magia bianca (era chiamata, infatti, "la strega") e per i suoi numerosi tradimenti a discapito del re, suo marito. Un marito che, dopo sei anni di corteggiamenti e un'altra ventina di matrimonio felice e voluto per amore, più che per interesse politico, con la principessa spagnola Caterina d'Aragona, figlia dei sovrani di Spagna, Isabella di Castiglia e Ferdinando d'Aragona (coloro che scacciarono i Mori dalla Spagna e che unificarono il paese com'è attualmente), non aveva esitato a romperlo perché invaghitosi di quella sottile e vulcanica ragazza, non particolarmente bella, ma dall'intelligenza e dalla cultura vivacissime.
Vissuta alla corte francese con sua sorella Maria, Anna Bolena, verso i 15-16 anni, fece ritorno in Inghilterra dove, dopo aver assistito alla relazione di sua sorella col re, approfittò della seconda gravidanza di quest'ultima, per mettersi in luce agli occhi del sovrano, già prostrato per la vana ricerca di un erede maschio mai arrivato. E Anna seppe mettersi così bene in luce, da tenere il futuro marito sulla corda per ben sei anni, prima di cedere, dopo averlo persuaso, però, a farsi sposare, e non certo prima di aver ripudiato la legittima moglie ormai, è il caso di dirlo, in avanzato stato di menopausa. Se non fosse stato perché lei era ormai incinta, forse Enrico non avrebbe precipitato le cose, così come fece, pur di impalmare quella ragazza sfrontata e ammaliante.
Prima di passare alla descrizione vera e propria di Elisabetta, è necessario però ricordare che, a causa di questo matrimonio e dell'esigenza di avere un erede maschio, Enrico VIII, vistosi negare dalla Chiesa Romana, a cui allora apparteneva ancora l'Inghilterra, l'annullamento del primo matrimonio, fondò la Chiesa Anglicana, sancendo con l'Atto di Supremazia, nel 1533, la sua superiorità sul Papa: Enrico si era, in pratica, autoproclamato capo dello stato e capo della chiesa, attuando il famoso Scisma Anglicano. Cosa unica al mondo, di quei tempi, pur essendoci già in giro, più o meno forti testimonianze di eresia. Questa levata di testa di re Enrico, però, fece un po' da modello trainante per tutti gli altri stati simpatizzanti il protestantesimo. Oltre a ciò bisogna aggiungere qualche altro particolare sul conto di Anna Bolena, soprannominata anche 'the wore', la puttana, perché si narra che la nuova regina avesse già amanti ben prima di legarsi al re e si mormorava che perfino Elisabetta non fosse figlia di Enrico. Addirittura si arrivò ad accusarla di praticare stregoneria e di far sesso con il proprio fratello, pur di avere un erede maschio da dare al re, visto che spesso era stata sentita vantarsi allegramente che ormai il marito non era più in grado di procreare per …impotenza. Se sia vero oppure no, non lo sapremo mai. Fatto sta però che, sia Anna Bolena, che la terza moglie, Jane Seymour, concepirono, così come concepirono diverse altre presunte amanti di Enrico VIII.
A causa di tali voci, quindi, e delle conseguenti accuse, comunque, Anna Bolena passò alla storia come la prima regina mandata al patibolo, dal marito, per alto tradimento coniugale e verso la persona del re.
La fortuna di Anna si era già esaurita con la nascita di Elisabetta, il 7 settembre 1533, la quale, per ironia della sorte, sarà l'unica figlia vivente, esattamente come nel caso della sfortunata Caterina d'Aragona, che la precedette.
L'imbarazzante neonata fu accolta con molte cerimonie e scarso amore dalla madre, che l'allontanò subito, non soffrendo minimamente per il distacco.
La piccola Elisabetta fu quindi affidata a una governante, lady Brian e mandata nel palazzo di Hatfield, nell'Hertfordshire, dove trascorrerà l'infanzia, mentre la sorellastra Maria, figlia di Caterina (la prima moglie), dopo essere stata dichiarata illegittima e, pertanto, privata del titolo di principessa, venne nominata sua dama d'onore, carica considerata, da quest'ultima, comprensibilmente umiliante.
Dopo altre tre gravidanze finite male, Anna Bolena, il 2 maggio 1536, venne arrestata e rinchiusa nella Torre con l'accusa di adulterio compiuto con cinque uomini contemporaneamente, tra cui il suo stesso fratello. Neanche questo sapremo mai se sia vero oppure no. Comunque sia, la Bolena, riconosciuta colpevole, fu decapitata il 19 maggio di quello stesso anno, all'età di 29 anni. Condanna a cui non scampò neanche il suo adorato fratello George.
Il giorno dopo, il 20 maggio, Enrico VIII sposò finalmente la dama di corte Jane Seymour, con cui aveva allacciato una relazione ormai stabile.
Nel gennaio dello stesso anno, intanto, era morta la sfortunata Caterina, la prima moglie, con grande esultanza della Bolena, allora incinta nuovamente. Ma proprio il giorno dei funerali la regina, allora in carica, partorì prematuramente un maschietto morto. Era l'ultimo tentativo per risollevare le sorti, ma, come la precedente, vide fallire miseramente i suoi castelli in aria.
Sarà solo la terza che darà il sospirato erede maschio a re Enrico, l'unico legittimo, perchè di bastardi maschi in giro, perfino nella corte stessa, ce n'erano fin troppi.
Edoardo VI soppianterà quindi anche la legittimità e l'ereditarietà di Elisabetta dichiarata, al pari di Maria, bastarda.
Elisabetta a quell'epoca aveva tre anni e se Maria soffriva a causa dell'età maggiore, la sorellastra non era ancora in grado di comprendere le sofferenze dell'orgoglio ferito; conoscerà invece le conseguenze dell'emarginazione. Venne, infatti, ridotto il bilancio concesso a lady Brian, già governante di Maria ed ora anche della bambina. Il cibo, si lamentava la gentildonna, era appena sufficiente a sfamare le due sorelle e gli abiti ad Elisabetta non venivano neanche riforniti, cosicché la bambina, in piena crescita, doveva arrabattarsi con i resti, ormai consunti, di un guardaroba un tempo lussuoso. Era una miseria, questa, voluta e predisposta per umiliare le due sorelle e a niente servirono le suppliche della dama affinché si rifornisse Elisabetta perfino di biancheria.
Forse sta in questo umiliante passato la causa delle debolezze che caratterizzeranno la personalità di Elisabetta, come l'inclinazione sfrenata per gli abiti sfarzosi ed elaborati di cui non volle mai privarsi. Alla sua morte, infatti, se ne contarono ben 3000, se non di più. Forse è qui l'origine di certi futuri comportamenti di Elisabetta regina: l'avarizia, la diffidenza, l'ansia e la capacità di attendere.
La negletta principessina, comunque, imparò presto l'arte del tacere, di dissimulare, di reprimere e di adattarsi alle circostanze senza rassegnarsi. Per non parlare poi del senso di sospetto, sempre vivo, che aleggiò perennemente nei confronti di tutti.
Dei genitori non si era mai fidata: sulla madre, che non aveva quasi conosciuto, imparò presto a non farsi domande. E del padre, che un giorno la esaltava e il giorno dopo la rinnegava? Pur non soffrendone, apparentemente, da piccola, Elisabetta non capiva la volubilità paterna, ma, da donna, si rese conto di aver incassato dei traumi che la portarono a precise evoluzioni successive.
E' strano parlare in termini così umani di una sovrana tanto lontana nel tempo (500 anni e più) e tanto grande e famosa come regina. Sembra quasi che questi personaggi, soprattutto se appartengono al passato, debbano essere quasi delle divinità o giù di lì, mentre, in realtà, sono state persone normalissime come tutti noi, solo nate in circostanze diverse. Comunque sia, degli anni precedenti all'incoronazione, sulla vita che la futura regina conduceva non si sa ancora molto. E' risaputo che a 4 anni Elisabetta fosse già una bambina seria e assennata e al battesimo del sospirato maschio di Enrico VIII, fu lei che resse i lembi battesimali dell'abito del principino Edoardo assolvendo, già con grande dignità, il suo primo incarico ufficiale nella cappella di Hampton Court. Era ancora così piccola e gracile fisicamente che fu condotta lì in braccio allo zio del battezzando, Edward Seymour.
Protrattosi ben oltre la mezzanotte la cerimonia, al ritorno dalla cappella venne dato un nuovo ordine e la piccola non fu più riportata a palazzo dal gentiluomo, ma tornò a piedi, al fianco della sorella maggiore.
La convivenza e la consapevolezza di essere entrambe vittime, ingiustamente, le univa nella disgrazia. Anzi, Maria , essendo tanti anni più grande, aveva di nuovo ottenuto la precedenza e pareva aver smussato i rancori verso la sorellina, nei confronti della quale sembrava provare sincero affetto, alternato a momenti di tenerezza. Sono testimoniati, infatti, i loro giochi a carte o le passeggiate sui prati di Hatfield, alle quali testimonianze si aggiungerà qualche lettera di Maria al padre in cui scriveva: “Mia sorella è una bambina per la quale, in avvenire, vostra Maestà avrà motivo di rallegrarsi”.
La loro emarginazione sembrò finire grazie alla felicità del re per aver ottenuto l'erede maschio, tanto da non sembrare troppo rattristato dalla morte della terza moglie, Jane, per complicazioni post-parto. Contemporaneamente alle esequie pubbliche, di fatti, fece svolgere intense ricerche, in Francia, per una nuova donzella da impalmare. Maria ed Elisabetta, pur essendo ancora marchiate come ‘reali bastarde’, furono riammesse a corte, dove, ogni tanto, godevano di qualche sporadica manifestazione di 'reale' affetto paterno, che si spingeva perfino a chiamarle, vezzeggiandole: “care bambine mie”. Non era molto, ma era già qualcosa.
Il legame più forte, però, Elisabetta lo intreccerà con Edoardo, più vicino per età e perché entrambi orfani di madre, oltre che occasionali compagni di gioco. Elisabetta, a quell' epoca, aveva un gran bisogno di giocare, essendo vissuta sempre tra adulti e libri. Studiare era, infatti, la sua principale attività. Da allora, le altre lezioni a cui verrà sottoposta, furono quelle di danza, ricamo, musica e altre arti tipicamente femminili di quei tempi.
Una nuova governante, Kate Champernowne, una brava ragazza di famiglia povera e onesta, che più tardi sposerà un cugino di Anna Bolena, John Ashley, da questo momento, l'accompagnerà per moltissimo tempo. La vita, ora, con questa simpatica governante al fianco sembrava davvero meno dura.
E il padre come passava i suoi giorni da vedovo?
Nei tre anni successivi la morte della terza moglie, Enrico VIII si diede da fare per trovare una nuova compagna, che, questa volta, pretendeva assolutamente bella. E' risaputo, infatti, che, in questo arco di tempo, l'artista preferito di sua maestà, Hans Holbein il giovane, attraversò più volte la Manica per ritrarre le principesche fanciulle candidate alla sua mano. In ogni miniatura che il pittore fiammingo riportava nell'isola, il sovrano ci trovava sempre un difetto: una era troppo alta, l'altra troppo magra, un'altra ancora aveva gli occhi troppo vicini…Finchè non giunse a progettare un rudimentale prototipo del concorso di Miss Europa: intendeva organizzare, in Inghilterra, una parata di nobildonne straniere, tra le quali però, promise, si impegnava a scegliere colei che più lo aggradava, come moglie.
Il re di Francia, di fronte ad una richiesta simile, si mostrò molto scandalizzato, soprattutto perché era da lui che il sovrano inglese pretendeva la maggiore collaborazione. Ma lo scandalo era più dovuto ad un particolare: re Enrico aveva raccomandato all'ambasciatore francese di riferire al suo re che le ragazze in concorso avrebbero dovuto sfilare nude davanti a lui, che intendeva giudicarle!
Naturalmente non fu concluso niente e si lasciò convincere da Cromwell che la più bella di tutte era la principessa di Cleves, la quale, a suo dire, era perfino più bella della prescelta di Enrico, Cristina, duchessa di Milano. Cromwell però non badava propriamente alla bellezza delle principesse, ma alla convenienza politica del Paese, perché, avvedutamente e da buon politico dal fiuto giusto, teneva ad assicurare al regno inglese una principessa imparentata con la più alta nobiltà tedesca. Così, dopo aver stipulato un vero e proprio contratto per il fidanzamento di Enrico VIII con una “zitellona pudibonda”, ritratta assurdamente come un'avvenente e prosperosa bellezza, sempre da Holbein, si celebrerà il matrimonio, che però Enrico non riuscì mai a consumare. Dai medici reali si seppe poi che il re non era impotente, ma nauseato dal corpo della regina, così disordinato (“disordered”) e controproducente (“indisposed”), da non stimolare alcun desiderio.
Pertanto, la quarta moglie restò illibata; il matrimonio sciolto e la regina ripudiata, con sua profonda gratitudine, vista la fine fatta dalle precedenti. La regina mal sopportava quell'omaccione che s'infilava tutte le sere nel suo letto, il quale, prendendole la mano le augurava con una smorfia sul viso la buonanotte e poi si girava dall'altra parte. Era, confidò a lady Rochfort, una dama di compagnia, solo un ingombrante accessorio del letto, nient'alto.
Intanto, Enrico meditava la vendetta contro Cromwell, che, nel luglio 1540, venne effettivamente decapitato per alto tradimento.
Tolto il cattivo consigliere di mezzo, al monarca inglese era tornato il desiderio di scegliersi da solo la prossima moglie. La sua scelta ricadrà, colmo dei colmi, su una cugina diciannovenne di Anna Bolena, Catherine Howard, definita dal monarca “una rosa senza spina” e, dalle testimonianze dell'epoca, sembra proprio che la ‘fortunata’ sia stata davvero una bellezza, da aver fatto perdere letteralmente la testa al re.
Elisabetta aveva all'epoca 7 anni e nella grande sala di Hampton Court, al banchetto ufficiale delle nozze, il padre le assegnò perfino un posto d'onore di fronte alla nuova regina.
Era già una bambina piena di contegno, mai udita lamentarsi quando, dall'esilio di Hatfield, veniva periodicamente chiamata a comparire alle feste familiari. Né ebbe il tempo di capire se nutriva simpatia o meno nei confronti della nuova matrigna, vista la velocità, simile ad una meteora (che prima o poi s'infrange), della presenza fugace della quarta regina nella vita di Elisabetta bambina. Tale fu infatti la durata della vita matrimoniale della coppia reale: nel 1542 la giovane Catherine Howard fu condannata alla decapitazione, come la cugina Anna, per adulterio.
Nel 1543, precocemente invecchiato, Enrico VIII si risposò per la sesta volta. Molto ingrassato e malato, scelse, questa volta, una tranquilla e ricca vedova trentenne, Catherine Parr, l'unica tra le matrigne, che prese a cuore davvero la situazione dei principini. Elisabetta, grazie alla Parr, potè recarsi spesso a corte, dove le assegnarono insegnanti di primordine, come John Checke per il greco e Roger Ascham per il latino. La bambina fu grata alla regina per questo e glielo dimostrò con doni molto personali, tipo una raccolta di preghiere inglesi tradotte in latino, francese e italiano. Era questa un'abitudine della giovane Elisabetta ormai consolidata all'epoca. Tutte le nozioni apprese in storia e geografia, testi biblici, mitologia e scienze era avvezza, per non perderle di memoria, a trascriverle traducendole nelle lingue vive e morte che le venivano insegnate. Questa straordinaria, intelligente e diligente abitudine, le permise, da regina, di dialogare personalmente con gli ambasciatori di altri paesi, senza avere il minimo bisogno di intermediari. Cosa insolita non tanto per una regina, ma soprattutto per una donna del ‘500.
La coscienziosa giovanetta finì così per amare più i libri che i giochi. In un dipinto conservato a Windsor, che la ritrae circa 12-13 anni, la principessa ha, di fatti, tra le mani un libro, un'aria seria e dignitosa che, se non fosse per la giovane età, la si potrebbe scambiare per un'adulta solitaria e infelice, con già un grosso bagaglio di esperienza alle spalle. E', si, vestita sontuosamente, come si conviene ad un'adolescente del suo rango, ma il viso pallido e serio non è certo quello di una ragazzina spensierata e viziata, oltre che istruita come un ragazzo.
Pur restando bollata come illegittima, l'Elisabetta del ritratto viveva, però, la vita privilegiata di principessa di sangue reale. Aveva, si, quel grosso buco di carenza affettiva dei primi anni di vita nel cuore, ma, tutto sommato, adesso, la vita che conduceva non risultava più così insopportabile: il padre, a riprese alterne, glielo dimostrava. Dalla matrigna, la regina Catherine, era trattata come una figlia e, cosa ancor più sentita, le erano vicini il fratello Edoardo e la governante ‘Cat’, 'gatta', come chiamava curiosamente la governante Katherine Ashely. E' questa un tendenza che caratterizzerà sempre Elisabetta: infatti, tutti, o quasi, coloro che le saranno più o meno vicini e godranno della sua fiducia, saranno fatti oggetto di paragoni e, quindi, soprannominati con un nome che sorgerà spontaneo sulle labbra della sovrana nei momenti più impensati.
Anche con la sorella Maria continuava ad avere un buon rapporto, testimoniato dal libro dei conti di quest'ultima, sul quale venivano annotati i frequenti regali fatti alla minore. Ed erano, questi doni, di valore come tessuti per abiti, collane, spille e una palla d'oro portaprofumi.
1547
Morte di re Enrico, a 56 anni. Gli ultimi mesi di vita li aveva trascorsi pretendendo dalla moglie che gli tenesse, per ore, la gamba gottosa in grembo. Anche per questa moglie la morte del re fu sicuramente una liberazione, come lo fu, a suo tempo, lo scioglimento matrimoniale per Anna di Cleves.
L'ordine di successione predisposto nel testamento prevedeva come primo erede Edoardo, al quale, nel caso non avesse avuto figli, avrebbe dovuto succedere Maria, la quale, se a sua volta non avesse generato eredi, avrebbe lasciato il trono alla sorella Elisabetta. Se anche quest'ultima fosse morta senza eredi, la linea di discendenza era da spostare alla famiglia di una delle sorelle di Enrico, Maria, quindi a sua figlia Frances Grey, dopo di che alle tre figlie di quest'ultima, Jane, Catherine e Mary.
La regina vedova, intanto, aveva riallacciato la relazione con Thomas Seymour, zio del re bambino, Edoardo VI.
Alla morte del vecchio re la famiglia Seymour, un po' a causa della parentela, col nuovo sovrano, un po' perché il defunto re aveva predisposto un consiglio di reggenza durante la minorità del figlio (che non fu mai istituito), si trovò all'apice del potere, per cui, pur non essendolo di fatto, colui che un giorno aveva accompagnato Elisabetta bambina al battesimo del fratellino, si sentì autorizzato ad autoproclamarsi reggente per il nipote, oltre ad estorcere il titolo di duca di Somerset al ragazzo. Non solo. Edward Seymour non aveva dimenticato il fratello Thomas, che nominò lord ammiraglio, anche se quest' ultimo aveva altre mire: la condivisione della reggenza, equamente spartita, in quanto anch'egli zio del re quanto il primo. Senonchè Thomas, deluso per l'esclusione dalla carica più importante del regno, puntò più in alto ancora e ad un periodo a più lungo termine. Si vedeva già, infatti, come principe consorte e sposo di una delle eredi di Enrico VIII, nonostante la relazione con la regina vedova. Aveva, all'epoca, 33 anni, era di gradevole aspetto, simpatico e godeva di un'ottima reputazione, oltre ad essere ancora scapolo. In principio pensò alla ventisettenne Maria, la maggiore delle due principesse, ma poi si ricredette: era troppo cattolica, troppo riservata e sospettosa per credere ad un'improvvisa fiamma d'amore e, di sicuro, avrebbe respinto la sua proposta comprendendo immediatamente che, se fatta, era solo per arrivare al potere e superare il fratello reggente. Pertanto, Thomas Seymour si rivolse alla più giovane delle due sorelle, Elisabetta che allora aveva 13 anni e mezzo. Chiesto però il consenso ufficiale, se lo vide negare da Edward stesso e dal consiglio.
La relazione con Caterine Parr, intanto, andava avanti a gonfie vele ed era risaputo da tutti che, ogni mattina, alle cinque, entrava nella casa di Chelsea, dove vivevano Catherine ed Elisabetta per restarci un'oretta. Quando fallì definitivamente la speranza di sposare la principessa, lord Thomas sposò, in gran segreto, la sua fedele amante, ancora fresca di vedovanza reale.
Per un po' la storia venne mantenuta effettivamente segreta, ma a un certo punto, per rendere pubblica la faccenda, lo scapolo più ambito del regno chiese a re e reggente il permesso di sposare la regina vedova e, solo a permesso concesso, iniziò a corteggiare in pubblico la sua già legittima moglie.
Dopo il riconoscimento ufficiale del matrimonio, Thomas Seymour si stabilì finalmente nel palazzo di Catherine, a Chelsea, nel quale viveva anche Elisabetta.
L'istruzione e l'educazione di quest'ultima, intanto, erano giunte a completamento.
Mentre Kate Ashley continuava a fare da governante ad Elisabetta, costei rappresentava per il lord ammiraglio una tentazione a cui non sapeva assolutamente resistere.
Sin dal principio del matrimonio ufficiale con la Parr, lord Thomas si comportava, nei confronti della principessa, in modo spregiudicatamente scandaloso. Appena alzatosi, ancora in camicia, era solito entrare nella camera da letto di Elisabetta per darle il buongiorno. Ma se la cosa si fosse limitata lì non ci sarebbe stato tanto da gridare allo scandalo. Non contento, il patrigno della principessa, tirava le tende del baldacchino, la salutava e le si gettava addosso, che lei dormisse o no; infine, la batteva con confidenza sulle natiche. La principessa, dal canto suo, invece di mostrarsi indignata, lo accoglieva con pazze risate e stava al gioco, nascondendosi sotto le coperte. Era, questa, una testimonianza riportata dalle dame di compagnia, le quali avevano sicuramente censurato parte dei fatti. Perfino Kate, al pari delle altre donne, si augurava che la differenza d'età tra i due sottraesse la malizia agli eventi mattutini. Fu il marito della governante, John Ashley, ad aprire gli occhi alla moglie. Aveva notato, infatti, il rossore che assaliva Elisabetta ad ogni sguardo incrociato con lord Thomas per cui, dedusse, non era certo un rapporto innocente quello instauratosi tra l'adolescente e il padrone di casa. Senonchè Kate, presa in mano la situazione, affrontò l'uomo sorprendendolo mentre baciava la ragazza, che dormiva apparentemente, per dirgli che era una vergogna per un gentiluomo entrare a gambe nude nella camera di una fanciulla. Per tutta risposta lord Thomas le rise in faccia, per niente offeso.
Dopo di che Kate, con estremo timore, si recò dalla legittima moglie, Catherine Parr, per raccontarle tutto. Con estrema costernazione, anche dalla regina vedova, tutrice di Elisabetta, ottenne per risposta delle risate, insieme a una vaga promessa di sorvegliare il marito.
La principessa, intanto, nonostante i rimbrotti di Kate, continuò a non curarsi affatto di vestirsi e alzarsi prima che il lord ammiraglio andasse a trovarla e, con sgomento della fidata governante, ciò che si svolse in seguito, fu oggetto di maggior scandalo.
Catherine sorvegliò, si, il marito, ma a quelle visite mattutine si unì anche lei, così come si unì a baci e abbracci sul letto di Elisabetta. Fu perfino vista tenere Elisabetta stretta a sé, quasi imprigionata, in giardino, per lasciare che il marito le tagliuzzasse, con la spada, il vestito. E, cosa ancor più incredibile, con gran soddisfazione di tutti e tre!
Ma la tresca non poteva durare molto perché la Parr, dopo aver annunciato di essere incinta, cambiò radicalmente atteggiamento e, da tollerante, divenne gelosissima, quindi iniziarono feroci scenate di gelosia. Il colmo dei colmi fu raggiunto quando scoprì la ragazza seduta sulle ginocchia del marito, per cui decise, finalmente, che il rapporto andava stroncato; senonchè, dopo la Pentecoste del 1548, Elisabetta venne allontanata dal palazzo di Chelsea con un freddo addio, nonostante tra le due restasse sempre una formale amicizia e uno scambio epistolare. Elisabetta fu così inviata a Chesnut, nel palazzo di sir Anthony Dench. In una delle lettere scritte alla matrigna, Elisabetta ringraziava la Parr per le gentilezze ricevute nei mesi precedenti con queste parole: “Se vostra grazia non avesse avuto di me una buona opinione, non mi avrebbe offerto la sua amicizia in maniera che gli uomini giudicano al contrario”. Iniziarono da questo momento i dubbi sulla sua verginità.
A Chesnut con Elisabetta si erano recati anche Kate Ashley e Roger Ascham, che restò per un anno quale insegnante di latino e greco. Della sua allieva l'umanista scrisse poi: “la sua mente non ha alcuna debolezza femminile, la perseveranza è quella di un uomo, la sua memoria trattiene quello che rapidamente apprende. Parla il francese e l'italiano con la stessa disinvoltura con cui si esprime in inglese, conversa rapidamente e bene in latino, discretamente in greco…”, (ibidem, p. 29).
Anche a questa età Elisabetta dedicava molte ore al giorno agli studi, nonostante fosse venuta fuori dall'esperienza con Seymour piuttosto provata. Da allora accuserà, infatti, disturbi che la perseguiteranno per tutta la vita, come irritabilità, emicranie e depressioni. La ‘malattia’ influirà perfino sul ciclo che, da regolare, divenne irregolare. E' questa la classica situazione che, attualmente, chiameremmo "disturbi psicosomatici" e può sembrare strano che certi particolari, così personali, siano stati tramandati fino ad oggi, ma all'epoca Elisabetta era una principessa e un partito appetibile per vari pretendenti, per cui certe indiscrezioni sul ciclo mestruale di un'erede al trono erano facilmente oggetto di discussioni tra re e ambasciatori, se c'era in ballo un'eventuale proposta di matrimonio per assicurarsi una concreta discendenza.
Catherine Parr, a Londrà, partorì una bambina e morì pochi giorni dopo, divorata da un'altissima febbre. Elisabetta non partecipò alle esequie, né inviò le condoglianze a Thomas Seymour, il quale era adesso di nuovo libero, come le aveva fatto notare la governante. Kate Ashley, in effetti, non si sbagliava perché il pallino del lord ammiraglio era ancora quello di sposare la principessa, per cui il fresco vedovo affidò a Thomas Parry, amministratore di Elisabetta, il sondaggio del suo cuore, unito a quello sui beni della futura probabile regina.
Parry prese così a cuore l'impegno che si recò a Hatfield, l'allora residenza di Elisabetta, per chiederle senza girarci troppo intorno, se avesse intenzione, o meno, di sposare Thomas Seymour; alla quale domanda lei rispose: “Quando verrà il momento farò quello che Dio vorrà”. E' una risposta diplomatica, questa, che servirà a temporeggiare, arte per cui, da regina, si distinguerà sempre lungo tutto il suo regno: tenere sulla corda chiunque, temporeggiando, sarà un punto di forza della sua brillante politica interna ed estera.
Parry, per il momento, si accontentò di quella risposta, ma continuò, speranzoso, a combinare qualcosa con la governante, credendo di trovare in lei un'alleata.
Lord Thomas, intanto, continuava, per conto suo, la scalata verso il successo, precisamente in due modi: attraverso il matrimonio con Elisabetta e rendendo più difficile la vita al fratello. Corruppe, per questo il re, suo nipote, col denaro, a danno del fratello Edward. Un giorno si arrivò addirittura ad un aneddoto, che avrà il suo apice in avvenimenti gravissimi. Lord Thomas, rivolgendosi all'undicenne re, sempre per complottare contro il reggente, odiato anche dal ragazzo per la sua spilorceria e la sua severità, gli disse: “Forse vostro zio non vivrà a lungo”, al che il nipote impulsivamente gli fece di rimando: “Sarebbe meglio che morisse”.
Il risultato di tali eventi farà poi frullare, nella testa del lord ammiraglio, il progetto di un colpo di stato, che prevedeva, naturalmente, l’inclusione di Elisabetta. Il suo piano era conquistare la mano della principessa; farsi affidare la tutela di Jane Grey dal padre, il marchese di Dorset, poiché era divenuta la quarta erede in ordine di successione, per farla sposare al re; quindi rapire Edoardo e fare celebrare il matrimonio, in gran segreto.
A tradirlo, la fatidica notte del rapimento, fu lo spaniel del re, che, di guardia al suo padroncino, si mise ad abbaiare per difenderlo, giusto quando lord Thomas era già giunto alla porta della camera del nipote. Accorsero, quindi, le guardie; la congiura fallì miseramente e Thomas Seymour venne arrestato e imprigionato nella Torre.
La caccia ai complici coinvolse anche Kate Ashley e Thomas Parry, accusati di complottare insieme a lui, favorendo il matrimonio con la sorella del re.
Elisabetta, invece, a colui che fu incaricato di interrogarla per il misfatto, diede del filo da torcere, tanto che sir Robert Tyrwith disse poi di lei, che era un vero e proprio enigma, coi suoi continui dinieghi anche se, scrisse al reggente: “le leggo in faccia che è colpevole”.
Vennero lanciate le insinuazioni più disparate, perfino quella che voleva Elisabetta incinta di lord Thomas per cui, offesa a morte, la principessa si era rivolta al reggente, chiedendogli di comparire davanti al consiglio per difendersi da quelle vergognose calunnie.
La verità sul complotto venne a galla grazie alle confessioni di Parry e di Kate Ashley. Così Elisabetta fu affidata, in assenza della Ashley, a lady Tyrwith, del quale cambio la ragazza si lamentò ancora inviando una seconda lettera al reggente, nella quale sosteneva, gentilmente, che le era sgradito l'incarico della nuova governante solo per la manifesta sfiducia dimostrata nei suoi confronti, tanto più che era sorella del re. Al consiglio, infine, chiese di proclamare il divieto di diffamarla ancora, se non era proprio possibile punire coloro che l'avevano calunniata prima. Questa richiesta, meno pretenziosa della precedente, fu, invece, accolta e soddisfatta.
A Seymour, intanto, era stata vietata la possibilità di difendersi, e venne imputata la decapitazione.
Elisabetta non si curò mai di implorare la grazia per lui, il quale le aveva inviato un messaggio disperato affinché intercedesse; e, il giorno dell'esecuzione, commentò con indifferenza: “Oggi è morto un uomo di molto spirito, ma di poco giudizio”. Anche in questo caso la carica emotiva venne scaricata sui soliti disturbi psicosomatici, che, all'epoca, erano considerati una grave malattia. Il reggente perciò si mosse a compassione e le rinviò ‘Kat’, scarcerata proprio in quei giorni, alla quale fuoriuscita fece seguito quella di Thomas Parry, riabilitato nelle sue funzioni.
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RispondiEliminaCiao Lena , ti rispondo al tuo messaggio sulla poesia che ho postato ieri sera............sono una donna, non sono una santa......... :))))))))))Ciao e buon rientro.
RispondiEliminaBuona giornata
Ciao Lena...qui c'è più visione...e poi...prima di andare in pensione ...potrai modificare i colori a tuo piacimento...vero..?.... Mandi mandi ...Loris...
RispondiEliminaBentornata Lena !!!!...fatto buon viaggio ???
RispondiElimina.anche tu cerca di cambiare l'impostazione dell'orario del messaggio.....ma non chiedere a me come si fa !!! :))))
RispondiEliminaCiao Lena . Interessante il tuo post storico, anche se un pò troppo lungo. Ti invito a visitare il mio blog, ed a uno scambio link
RispondiEliminawww.silviopistore.blogspot.com
I tuoi post sono sempre spettacolari, mi lasci senza parole! Ciao e buona serata....p.s. io non mi sono ancora messa a dieta, faccio finta, sono troppo pigra per impegnarmi sul serio...Ciao.
RispondiEliminaciao, bel blog, che ne diresti di uno scambio link?
RispondiEliminami piace il tuo blog culturale.
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P.S. ma tu non avevi scritto qualcosa del genere su ciao.it?
Ciao Lena , clicca google analytic , registrati e poi segui passo a passo le istruzioni.....se sei in difficoltà chiedi aiuto a Giadatea....ci sentiamo presto
RispondiEliminaciao, ti ho linkata nella pagina scambio link! ciao
RispondiEliminaimparato molto
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