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mercoledì 9 gennaio 2008

ELISABETTA: UNA FEMMINISTA SUL TRONO DI ENRICO VIII (Seconda parte)

La morte del lord ammiraglio, fervente spasimante della giovane Elisabetta, Thomas Seymour, non le cambiò modo di vivere, né la ragazza si distrasse mai dallo studio, soprattutto da quello della storia, materia che prediligeva e a cui dedicava, ogni giorno, almeno tre ore, anzi!. Il suo apprendimento non si limitava solo ad imparare mnemonicamente le nozioni di un solo libro: lei andava oltre. Per evitare che il suo giudizio ricadesse nella parzialità, era solita confrontare gli episodi appresi, o la biografia dei personaggi studiati, su altri libri. Mai, più tardi, l'inclinazione per lo studio, nocque alla sua femminilità, né quell' 'educazione maschile' le procurò guai. L'Elisabetta adolescente era una ragazza gradevole, quasi bella e i suoi modi, pure, erano definiti semplici e pieni di grazia. Allo stesso tempo, però, era priva di quelle superficialità femminili ed era risoluta e capace di tener testa a chi voleva farle del male: l'istruzione l'aiutò ad essere più forte.
Ripresero, intanto, cordiali, i rapporti col fratello, congelati durante la congiura di Lord Thomas, mentre il reggente fu, a sua volta, accusato della responsabilità di una ribellione nelle campagne e veniva, pertanto, destituito dalla carica. Era il gennaio 1550, poco tempo dopo anch'egli fece la stessa fine del fratello: con l'accusa formulata direttamente dal re, di voler "fare il padrone".
Il posto di lord Edward Seymour, cioè da reggente, fu preso dal conte di Warwick, poi duca di Northumberland, lord John Dudley, padre del più famoso favorito della futura regina Elisabetta.
Edoardo VI, che aveva allora 13 anni, iniziò ad accusare i primi disturbi della malattia che lo portò poi alla tomba. A succedergli al trono c'era quindi la terrificante prospettiva dell'ascesa di Maria, figlia maggiore di Enrico VIII, fatto gravissimo per i protestanti, perché questo avrebbe favorito i consiglieri cattolici a discapito dei primi, oltre ad abolire tutti i privilegi acquisiti dopo lo Scisma. Né si escludeva l'ipotesi di un'orribile guerra civile. Tutti erano in ansia e temevano per sé stessi. Sarà proprio questo timore, unito alla smodata ambizione, a portare John Dudley a progettare un complotto ai danni di Maria Tudor, a cui preferiva, senza ombra di dubbio, la protestante Elisabetta, che fece venire a Londra, accogliendo la sua richiesta, di abbracciare il fratello. Era il 17 marzo e il ricongiungimento avvenne in maniera calorosa. Entrambi i fratelli erano cresciuti ed Elisabetta sembrava addirittura più grande della sua età: aveva un comportamento assennato e maturo e vestiva già come un'adulta, suscitando commenti favorevoli. Pur indossando abiti sobri e non certo modesti, che stridevano a confronto con quelli delle dame di corte, eccentrici ed elaboratissimi. I capelli non erano arricciati, secondo i dettami della moda, ma raccolti dietro la nuca, morbidamente. Era un altro punto a suo favore che la fece distinguere in modo regale.
La confidenza con Edoardo riprese, ma con l'andare del tempo, indispettì il reggente, non si sa il perché, per il quale livore scavalcò Elisabetta, nella successione al trono, e si rivolse a Jane Grey, combinando il matrimonio di questa con uno dei suoi figli, Guildford. Così, con Elisabetta lontana dal fratello morente, poichè le aveva vietato di vedere, di visitarlo, per timore di un complotto, convinse il re a firmare un testamento a favore di Jane (e Guildford).


La prima regina
Dudley però non aveva fatto i conti con l'ardimento della figlia maggiore di Enrico VIII, non da meno del padre in bellicosità, e dopo soli dieci giorni dalla morte del fratello, col popolo dalla sua parte, la ormai Maria I, prese possesso del trono che le spettava legittimamente.
I protestanti, che continuavano a sentirsi ancora legati alle pratiche di Roma, come i cattolici, poiché la Riforma era recente, non avevano ancora avuto modo di consolidarsi, per cui Maria veniva vista da metà dei sudditi, come una liberatrice, una Tudor che avrebbe fatto giustizia e messo ordine dopo il disordinato regno di Edoardo.
E in effetti, in principio, Maria rispose a tali aspettative, mostrandosi disponibile all'ascolto. Fece, infatti, il suo ingresso a Londra con Elisabetta al fianco, per dimostrare alla popolazione la sua apertura verso la sorella protestante: abile decisione politica, che le garantì l'iniziale favore dei sudditi.
Era il 1553 e la nuova regina, appena assisa sul trono, attendeva la combinazione del suo matrimonio col cattolico figlio dell'Imperatore Carlo V, il futuro Filippo II di Spagna.
Il giorno dell'incoronazione, però, c'è da precisare, che la popolazione, al passaggio delle due sorelle, acclamò maggiormente la più giovane, che la regina, per questo i cattolici vedevano in Elisabetta, l'insidia del regno inglese. Il sogno di Maria era, infatti, stroncare l'eresia e riprendersi tutto ciò che suo padre le aveva tolto, con qualsiasi mezzo, come in un unico riscatto: la riabilitazione della vera fede e quella personale.

L'inizio del regno di Maria sembrò promettere bene. Fece scarcerare tutti i prigionieri politici rinchiusi nella Torre; il matrimonio e la speranza-necessità di un erede, poi, la addolcirono maggiormente; con Elisabetta era affabile e ben disposta e a tavola le assegnava perfino il posto d'onore al suo fianco, oltre che la sua confidenza. Dal canto suo, la minore le era grata ma si annoiava a condurre una vita scandita così rigidamente, pur essendo a corte, finchè non sopravvenne qualcosa che fece tornare a galla l'antica rivalità tra Caterina d'Aragona e Anna Bolena, nelle figlie. Elisabetta non aveva mai partecipato ad una messa da che Maria era stata incoronata e, se quest'ultima per un po' aveva chiuso un occhio, alla fin fine si era resa conto che se la sorella continuava di questo passo, sarebbe stata un cattivo esempio per i protestanti del regno, per cui tentò di convertire l'eretica, dalla quale conversione quest' ultima si difese spiegando che lei non aveva mai conosciuto "la dottrina dell' antica religione".
Sarà uno scontro ostile poi, che porterà a diradare i rapporti tra le due, fino alla completa interruzione. Dopo di che ad Elisabetta non restò che implorare la sorella maggiore, che evitava di parlarle, per spiegarle che non era colpa sua se era stata educata al protestantesimo; e che lei era disponibile ad apprendere, dai libri giusti e dai maestri giusti, la vera fede.
Maria, mossasi a compassione, dopo queste parole, vide in lei un'anima da salvare, così Elisabetta, dal giorno successivo, si presentò nella cappella reale ad assistere alla messa cattolica (durante il suo regno Maria ne faceva recitare fino ad otto quotidianamente); ma senza avere l'aria contrita di chi crede in quello che fa. Sbadigliava, si agitava, lamentandosi e toccandosi continuamente lo stomaco perché, sosteneva, le faceva male. Al che Maria riaprì gli occhi, dandole però ancora del tempo per ravvedersi.
Nel frattempo, poiché la principessa veniva vista come un fastidioso ostacolo al ritorno definitivo dell'Inghilterra in seno alla Santa Romana Chiesa, Carlo V affrettò i preparativi per il matrimonio tra suo figlio e la regina inglese ed escogitò qualche espediente che reggesse, per mandare Elisabetta alla Torre, anche perché alla corte francese viveva la promessa sposa del delfino di Francia, Maria Stuarda, figlia di una sorella di Enrico VIII e possibile erede al tono d'Inghilterra. Né l'Imperatore riusciva a mandare giù l'idea di un'espansione dei francesi nella vicina Inghilterra, se questa, una volta tornata nell'orbita della Chiesa Romana, poteva essere usata a proprio piacimento per estendere la sua potenza oltre Manica, servendosi della Stuarda, che per di più era cattolica.
Intanto, com'è già stato detto, si cercava di accelerare il matrimonio di Filippo con la 37enne Maria, mentre ad Elisabetta si proponeva qualche pretendente cattolico, pur di neutralizzarla, che lei rifiutava puntualmente con un secco e reciso no.
Per volere di Maria e del parlamento a maggioranza cattolico, poco dopo, venne dichiarato nullo, con un atto, il divorzio di Enrico VIII e Caterina d'Aragona, per cui Elisabetta restava sempre una bastarda nata da una relazione extraconiugale del re con Anna Bolena, anche se la linea ereditaria, qualora Maria fosse rimasta senza un erede, sarebbe toccata sempre a lei.
Maria, la quale in privato con l'ambasciatore spagnolo Renard, chiamava la sorella "una bastarda del re", anzi, l'accusava non di essere figlia dello stesso padre, bensì di un musico, Marc Smeaton, che all'epoca, era stato annoverato tra gli amanti della Bolena, arrivò a provare un vero e proprio odio per lei, accompagnato da un sordo rancore e a perpetrarle una maligna serie di dispetti: dalle precedenze non rispettate ai piccoli sgarbi; dalla scortesia dei cortigiani al toglierle addirittura il saluto.
E lei, la nostra eroina, cosa fece? Come reagì? Andando via ad Ashridge, chiedendo il permesso alla sorella che, prima di concederglielo si consigliò col fidato Renard, il quale si mostrò concorde, ma a condizione che la regina fosse informata su tutto ciò che concerneva la principessa. Elisabetta, da parte sua, temeva l'allontanamento, perché era conscia del fatto che si tramava contro di lei e si cercava di inserirla in complotti inesistenti, per poi accusarla di tradimento.
Nel paese, infatti, regnava una tensione già avvertibile, ma Maria non se ne curava, poiché pensava ai preparativi delle imminenti nozze. Gli inglesi, cattolici e non, non erano proprio propensi ad accettare un consorte straniero per la loro sovrana e ad aprire, di conseguenza, le porte ad un seguito di spagnoli. Così qualche focolaio di ribellione si accese, in effetti. Era il 1554 e Maria reagì rapidamente e violentemente pure.
Della congiura venne accusata, naturalmente, anche Elisabetta, perciò Maria le inviò un lettera affettuosissima per avvertirla che in giro c'erano certi tipi loschi intenzionati a mettere in cattiva luce la sua figura, per questo la pregava di recarsi a Londra, al più presto, dove avrebbe potuto proteggerla. Elisabetta non la bevve e si diede malata, come faceva sempre nei momenti difficili e Maria, per assicurarsi che la cosa fosse vera, inviò ad Ashridge una commissione di medici che, notò, si, che la principessa era malata, aveva la febbre ed era gonfia, ma non al punto da disubbidire alla regina; quindi, la ragazza fu trasportata a Londra, sotto la sorveglianza della fedele "Kat" e della gente che assistette, commossa, a un corteo impietoso che accompagnava, obbligandola, la giovane principessa biancovestita con un volto dal colore molto simile.
Elisabetta la sapeva lunga: perché, se no, nel gelido mese di febbraio, si fece trasportare su una lettiga scoperta, indossando solo un vestito bianco che accentuava il suo pallore? E' chiaro che voleva apparire una povera vittima, la quale, pur malata, era stata costretta a recarsi a corte per obbligo della perfida e spietata sorella. E un popolo che piangeva per lei e la compatisse, era proprio ciò che cercava.
Renard e i cattolici però non ci cascarono e, pur visibilmente malata (anche se non in pericolo di vita), Elisabetta venne sottoposta a interrogatori circa una sua presunta partecipazione al complotto contro Maria, appena sedato. Continuando a negare, la ragazza, rifiutò addirittura di rimettersi alla pietà della sorella perché, sosteneva, non aveva colpa. Il 18 marzo, pertanto, venne condotta alla Torre, entrando attraverso la Porta dei Traditori, quella dove passavano i condannati a morte, cosa che la fece gridare, rabbrividendo, che era un'ingiustizia farla passare di lì; quindi, è stato narrato in seguito, esclamò solennemente: "Qui approda il suddito più fedele che sia mai salito su questi gradini. A te lo dico, o Dio, che sei il mio unico amico".
Senza versare una lacrima, perché nel frattempo ci pensava la pioggia a bagnarle il viso, in preda al panico, si abbandonò su un gradino melmoso, rifiutandosi di seguire il corteo che l'accompagnava. Piegata su se stessa, col mantello stretto addosso, tremava e balbettava, quando uno degli accompagnatori la invogliò ad alzarsi perché pioveva e "non giova alla salute restare qui", aggiunse. Al che Elisabetta, di rimando rispose: "Meglio qui che in luogo peggiore…Solo Dio sa dove mi porterete…". Un paggio, a questo punto, si mise a singhiozzare rumorosamente e, venne riferito, che fu proprio grazie a questo imprevisto che la principessa si decise ad alzarsi e proseguire fino alla Torre, rimproverando perfino il giovane del il suo pianto.
Mi sembra, questo, un momento alquanto tragicomico. Si provi a immaginare la scena, come l'ho immaginata io. Anzi, chi conosce la Traitor's Gate, la Porta dei Traditori, di White Tower se la può ancor meglio figurare: Elisabetta, piena di composta dignità, come si vuole sia una principessa del suo rango, la quale, pur prostrata dalla consapevolezza di doversi dirigere in una delle peggiori prigioni inglesi, da cui solo pochi ne erano usciti vivi, e dove la sua stessa madre finì i suoi giorni, rimproverare con severità il giovane paggio, che piangeva proprio per lei, affinché la smettesse!
Mi sembra un'immagine talmente buffa, questa, che prelude, secondo me, già a quello che sarà il carattere definitivo della futura regina, oltre a quella che fu l’ effettiva conduzione del suo regno.

Il seguito di ciò che accadde alla novella prigioniera sarà inserito nella terza parte di questo breve saggio biografico dell'Elisabetta pre-regina.

5 commenti:

  1. Straordinario! E l'integrazione delle immagini con il testo valorizza entrambi.
    Flavio "gategate" :-)

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  2. Ciao Lena , grande pagina , degna di una "regina "

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  3. Se vuoi...per elimunare la VERIFICA PAROLA che si trova per commentare il tuo scritto..., così saresti più accessibile..e a me non verrebbero le tarluppole negli occhi...eheheh...(il percorso...-Personalizza - Impostazioni - Commenti ...e qui..
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  4. .......ti avevo lasciato un messaggio.....ma io non lo vedo !!! :(((

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  5. ottimo argomento, che mi interessa!!! Ti ho linkata nel mio blog. Scusa se lo faccio con qualche giorno di ritardo ma... ho avuto da fare qui a casa! :D Ciao e buon week-end

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